domenica 18 novembre 2018
2008-2018: 5 Stelle e 10 anni
Anche se il titolo non va così indietro nel tempo, bisogna tornare al 1981 e al 1984 per comprendere meglio.
“Te la do io l’America” e “Te lo do io il Brasile” erano spettacoli (tragi)comici basati sul confronto delle miserie mondialiste viste con l’occhio di un “provincialotto” che – prima ancora di conoscere completamente Roma (per la politica politicante) e Milano (per quella affaristica, che male non gli stava) – negli anni ‘80 aveva già varcato l’Atlantico.
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L’incidente con i socialisti nel 1986 non fu voluto – come si afferma oggi, per conferirgli dignità politica – ma “occasionato” (scusate l’orribile termine, ma funziona nello specifico), ovvero generato da un miscuglio di tracotanza, ingenuità, sottovalutazione, presunzione, etc.
Nulla di politico, insomma: una satira che venne mal presentata, mal disposta e peggio accolta, ma poi resuscitata da Tangentopoli.
“Ma allora Grillo aveva ragione”, ruminava la gente sull’autobus, estasiata da Di Pietro e confusa su Berlusconi e Bossi, ma vogliosa di qualcosa di buono da "Ambrogio", come la signora miliardaria in Rolls Royce in una nota pubblicità di quegli anni edonistici.
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Infatti – la storia insegna – ostacolare un genovese non è consigliabile: una Niña, una Pinta e una Santa Maria sono sempre pronte a salpare, sia per attraversare l’Atlantico senza conoscere l’approdo, sia per puntare al Transatlantico, conoscendolo benissimo, anche grazie agli agganci di Gianroberto Casaleggio.
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Se c’è stato qualcuno che ha votato per Berlusconi perchè tifava Milan, lavorava in Fininvest o in Mediaset, oppure perchè pensava che le leggi ad personam avrebbero finito per favorire anche se stesso, o Bossi perché semplicemente “settentrionale”, figuriamoci quale poteva essere l’estensione del bacino di consenso di uno come Grillo, che promette indistintamente – a poveracci autentici e a milioni di fancazzisti – lo stesso Bengodi.
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Gli anni fondamentali per l’affermazione definitiva del Movimento 5 Stelle sono stati il 2012 e il 2013, prima con le espulsioni chiarificatrici preventive di chi non ubbidiva ai dictat (Tavolazzi, Favia e Salsi i cacciati più noti), e poi qualche malumore (con Pizzarotti a Parma) e qualche altro bisticcio tra gli eletti.
La “struttura-movimento-anti-partiti” era già diventata partito, con un leader che c’era e non c’era, ma che non prometteva di smacchiare giaguari, prometteva soldi veri, soprattutto agli eletti, pagati da quello Stato che si prefiggevano di voler combattere.
A tutti gli altri la promessa del reddito di cittadinanza, poco importa se fosse o sia realizzabile, come propaganda elettorale funziona benissimo.
E ciò basta, anche se diventerà un problema dopo: la morte di Casaleggio per 5 Stelle è un po’ come quella di Steve Jobs per la Apple, quando manca chi pensa, si possono fare guai.
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Il V-Day2 non fu altro, quindi, che l’apoteosi di un “Te la do io l’Italia”, ma un conto è parlare di un Paese dove vai per fare il turista per caso e vieni visto da chi ancora se la passa bene; altro conto è parlare di quello in cui vivi a persone che ci vivono e che hanno qualche problema economico: il rischio di essere preso sul serio è altissimo.
giovedì 8 novembre 2018
Partecipazione
Che cosa contraddistingue un’iniziativa di successo?
Il coinvolgimento, ovviamente, visto che il consenso politico, economico o di semplice gradimento (gratuito o a pagamento che sia) è dato dalla partecipazione, che – secondo Giorgio Gaber – era addirittura sinonimo di libertà.
Ma era la partecipazione a sfociare nella libertà o viceversa?
Cioè, chi è libero (o si sente tale) è anche partecipativo?
Oppure, chi è partecipativo per indole, si sente fondamentalmente un uomo libero, poiché non ha paura di condividere genuinamente le proprie idee e le proprie risorse?
Magari lo fa senza il timore che gli vengano scippate, semplicemente perché crede fermamente che una bicicletta sia più utile in strada – a disposizione di tutti, civilmente – anziché diventare un cumulo di ruggine e marcire incatenata in un giardino privato.
Ovvero, è consapevole, fuor di metafora, che diffondere ricchezza di pensiero arricchisca ulteriormente anche se stesso, di riflesso, oltre che i suoi simili.
Sono dunque la consapevolezza e la gioia del dono, che possono restituire immortalità*, oltre il bene materiale terreno che diventa bene assoluto?
Può darsi.
*D'altronde sono numerose le personalità passate alla storia come benefattori: il loro insegnamento va oltre la loro morte, anzi, spesso la loro scomparsa – di più se tragica – ha consolidato il loro pensiero e la loro azione, anche oltre le aspettative degli stessi protagonisti, poiché essi agivano non per essere ringraziati o ripagati da altri, ma perché li appagava il solo pensiero che qualcuno potesse ringraziarli per quel che avevano detto e fatto.
Giorgio Gaber al "Cantagiro" nel 1969 |
Ma, allora, perché non accade più spesso?
Perché la gratitudine non è di questo mondo?
Perché non ci aspettiamo nulla dagli altri?
Questione spinosa, visto che non siamo più nell’ambito “del come è”, ma in quello “del come dovrebbe essere”.
O “del come vorremmo che fosse”, che rinvia – come già detto altrove – ad una visione singolare e soggettiva che è l’esatto contrario della partecipazione collettiva, almeno di quella intelligente, quella che ci interessa, non quella da tifosi o da "sindrome del gregge".
Pertanto, a mio giudizio, Gaber era un pessimo ottimista, probabilmente un disilluso utopista.
Vediamone gli sviluppi.
Dal palcoscenico all’impegno politico, al palco del comizio…
Grillo come Gaber, quindi? Assolutamente no.
Innanzitutto perché Grillo si è spinto (male) oltre Gaber.
Egli non si è fermato al supporto ipotetico* ad una forza politica preesistente, ma ne ha fondata una: il Movimento 5 Stelle, criticando le altre.
E questo è già un discrimine notevole, poiché Gaber era fondamentalmente soltanto Gaber, quindi se stesso, quindi uno, ma anche nessuno e centomila, scomodando Pirandello.
Non era Vitangelo Moscarda, certo, ma comunque – come il protagonista dello scritto – era uno che si svelò a se stesso e agli altri, in divenire. E migliorandosi.
* Supporto tra l’altro presunto, quello di Gaber a forze politiche, che vive più nell’immaginario emozionale “emicollettivo” delle appropriazioni indebite delle quali il pensiero del Signor G. è stato (ed è tuttora) protagonista.
In Grillo, invece – ottimo pessimista – il percorso è inverso: è uno che è diventato "milioni" (o viceversa), non soltanto centomila, non svelandosi in divenire, ma ammantandosi, velandosi, cambiando pelle e mettendo le squame da serpente.
Una muta che gli ha consentito di riprendersi la rivincita sui socialisti, già “sventrati” da Tangentopoli e da Di Pietro, ma di più su quella classe politica che essi rappresentavano e lo avevano osteggiato.
Un Berlusconi allo specchio, potremmo azzardare, uguale e contrario: entrambi sono usciti bene da Mani pulite, anzi, ne hanno giovato.
Un’azione, quindi – quella di Grillo – generata da assoluta motivazione personale, nulla di collettivo*.
Né più, né meno della "scesa in campo" di Silvio.
Né più, né meno della "scesa in campo" di Silvio.
Altro che uno vale uno; vale soltanto uno e gli altri semmai valgono in funzione di quell’uno, altrimenti non sarebbero “grillini”, “berlusconiani”, etc.
Uno che interpreta milioni o milioni che diventano uno?
Democrazia? Sembrerebbe dittatura, a prima vista, seppur autorizzata.
Ma da chi?
Ma da chi?
*Qui torna prepotente la differenza tra unione e Unità, questione (o cortocircuito) che riguarda maggiormente la sinistra, quella popolare a parole, ma ovviamente elitaria nell’esercizio del potere, sia esso stato quello berlingueriano – se vogliamo subdolo, ma con volontà di uscire da sotto l’ascella sinistra della DC – oppure quello Renziano, post Bersaniano, che era più confuso e imbarazzato negli intenti sommari per non deludere i veterocomunisti.
PS - Renzi anela ancora a quella volontà di potenza più consona ed abitudinaria alla e della destra post-fascista, in lui fa sorridere, in Salvini spaventa. Giampaolo Pansa ha ben distinto: Renzi è un bullo, Salvini ha modi fascisti, il che non significa che sia fascista.
Però la partecipazione e il consenso al Movimento sono stati elevati – enormi, si dirà – ma sono stati anche sinonimo di libertà?
Di democrazia?
O è soltanto sindrome del gregge? O del pifferaio magico? O tragico?
La gente è sempre quella pronta a tirare monetine in pubblico e a prendere mazzette in camera caritatis? O a dare oro alla Patria?
Probabilmente, ma la risposta più equilibrata è come sempre quella che si attiene ai fatti.
Il Movimento 5 Stelle non rappresenta alcun cambiamento, poiché divide, non unisce, se non parzialmente: nulla di nuovo, si tratta comunque di partitocrazia.
L’unica cosa nuova* è il né di qua né di là, ma neanche al centro, visto come covo di potere, come male assoluto, ancor più del fascismo visto da Gianfranco Fini.
Quindi il nuovo che avanza non è nulla di quanto già visto: è, appunto, nulla.
E sul nulla ha costruito il proprio successo: probabilmente ha riavvicinato persone deluse alle urne (e sarebbe un bene), ma con proposte demagogiche di facile presa ed ha anche illuso – con i meetup – altri "bolliti" nei loro partiti di provenienza, puntualmete poi silurati o migrati spontaneamente al gruppo misto.
*Relativamente nuova, già la destra ci aveva provato, ma con scarso successo, con il “né destra, né sinistra”, che però proponeva qualcosa di impegnativo e decisivo; a parole funzionò, nei fatti, no.
E Salvini? Egli è il frutto del "combinato disposto", per usare una terminologia abusata in campo giornalistico e politico.
Tuttavia sarebbe più appropriato parlare di combinato "indisposto":
- della Lega, per anni litigiosa sul leader;
- del centrodestra moderato, forse troppo, sicuramente spronato e frenato al tempo stesso da Berlusconi;
- del popolo votante redivivo che deve aver pensato: sì, Movimento 5 Stelle va bene, ma forse è meglio che i ragazzi siano accompagnati dagli adulti. Lasciamolo provare non è forse tipica frase del genitore che vede il proprio figlio muovere i primi passi?
Tutto sbagliato? Ce n’era bisogno?
Forse no, forse sì: non tutti i mali vengono per nuocere.
È infatti assodato che oggi ci sia maggior consapevolezza – sia da parte dei vertici che della base – del fatto che qualcosa possa e potrebbe cambiare.
Ma in meglio, però, per un esito “probabile”, non a favore di chi propone di andare a vivere su Marte, come fascisti, come grillini o come leghisti, poiché la Terra sarebbe stata inquinata dai comunisti, dai democristiani e dai berlusconiani.
Insomma, la partecipazione è importante, ma con un occhio a chi "partecipa": le feste ben riuscite sono quelle con la selezione all'entrata.
Poco democratico?
Ce ne faremo una ragione, non lo è neanche così.
Gaber ci perdonerà: tra tante "giornate della memoria" non vorremmo che fosse istituita pure quella per ricordare l'Italia pre-tangentopoli che "funzionava" un po' di più.
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