mercoledì 20 dicembre 2017

Tutte le bugie dello Spread

Senza timor di smentita, si può tranquillamente affermare che la UE sia una unione economica e non politica.
Ebbene, tale unione europea dovrebbe sottostare, in quanto tale, a regole economico finanziarie che disciplinano le Borse del Vecchio continente.
Se è vero, come è vero, che lo spread è il differenziale di potere d'acquisto tra titoli di Stati diversi, è anche vero che questo dovrebbe ricadere nelle regole di eccesso di ribasso ed eccesso di rialzo, fissate in +10% e -10% nelle contrattazioni europee.
Proprio per evitare speculazioni criminali, contrastate dal garante per la concorrenza (antitrust).
Trattandosi di titoli di Stato - pertanto aventi implicazioni sociologiche, oltre che mercantilistiche - le quote dovrebbero essere ridotte a 5 punti percentuale max sia in negativo che in positivo, ovvero una oscillazione di 10 punti, anziché 20.
Ma su questo argomento dovrebbe intervenire il Parlamento europeo che è, però, preoccupato più di regolamentare le unioni gay, che di evitare stragi economiche.
Come decidere chi è in eccesso?
Ovviamente sulla base media dell'andamento, ammesso e non concesso che i dati non siano falsati.
Secondo tale schema, sarebbe la Germania a sforare per rialzo e non la Grecia per ribasso, ripristinando un principio etico che, però, mal si adatta alla visione mondialista degli euroburocrati.
Infatti Wall Street non adotta tali limiti: potenzialmente i titoli azionari possono raggiungere il differenziale 100% (+50% -50%).
Oltre tale limite vi è il crack, che può essere indotto (1929) o generato da emissione di troppa moneta, seppur virtuale, in previsione di stime di rientro fallaci (2008, mutui subprime).
Tuttavia la situazione per loro è ben diversa.
Per spiegare la rendita di posizione, potremmo portare l'esempio dei vasi comunicanti, non a caso si parla di liquidità: una moneta cosiddetta debole è posta su un piano inferiore, ma ha potenziale di vendita maggiore rispetto a quella superiore, che avrà, invece, forte potere di acquisto.
Se il comune dimezza l'erogazione di acqua corrente, i primi a non fruirne saranno quelli dei piani alti, il piano terra sarà l'ultimo a non fruirne e le cantine continueranno ad avere acqua.
Viceversa, in caso di alluvione, saranno quelli dei piani bassi a subire danni.
Questo spiega l'iper produttività di USA e Cina: avere sempre qualcosa da vendere è fondamentale per non annegare.
In sostanza il potere di acquisto è importante soltanto per l'utente finale, gravato inoltre da IVA non scaricabile o recuperabile, per tutti gli altri è più importante il potenziale di vendita a patto di avere qualcosa da vendere: cianfrusaglie cinesi o smartphone e tablet.
Tutto ciò grazie ad una economia forte in quanto sovrana (la Fed stampa dollari) affiancata da una politica federale tra stati equiparati (per intenderci, gli stati americani Usa possono essere assimilati alle nostre regioni con governatore).
In ogni caso, l'antitrust, da quelle parti, ha un gran da fare.
E noi, come al solito, abbiamo adottato il modello sbagliato.

lunedì 6 novembre 2017

Rauti. A cinque anni dalla morte


Con Pino Rauti, nella redazione di Linea Quotidiano, lavorando a "Saperi & Sapori",
un progetto innovativo a tutela delle tradizioni dei prodotti alimentari italiani.
Una battaglia della quale, al tempo, assai pochi ne compresero l'importanza.
Le giaculatorie e i falsi rimpianti della destra attuale non riporteranno in vita Pino Rauti, né ne ricordano con lucidità l'ardore politico e la drammatica attualità delle sue lungimiranti battaglie sociali.
Nella migliore delle ipotesi, sembrano un atto dovuto: un po' poco, per uno come lui.
Con tutti i distinguo del caso, sia sulla fattibilità delle sue proposte (invero ardue, o ardite, come si addice a tutte le imprese coraggiose), sia sugli estensori, più o meno sinceri, delle suddette giaculatorie, sia sulla situazione attuale preconizzata "più e più volte" – come lui amava scrivere – ho comunque la nausea del blaterare di questi emuli che scippano pezzi del suo pensiero "ad usum delphini".
Non soltanto Gianfranco Fini – oramai unico capro espiatorio dell'implosione di AN – è il principale responsabile dell'avvento di questa armata brancaleone che parla di crociate senza aver mai impugnato spade, né difeso croci. Men che meno celtiche.
Anche perché, in quel di Fiuggi, le strade di Rauti e di Fini si separarono. 
E nettamente.
Colonnelli e militanti fecero la loro scelta: AN per un centrodestra moderato che strizzava l'occhio a Berlusconi? o un neonato MSFT, custode delle tradizioni del MSI-DN?
Comunque non importa: definirla scelta opportunistica, ragionata, obbligata o pavida, oggi, 22 anni dopo, rischia di essere l'ennesimo nostalgismo verso quel che non è stato e sarebbe potuto essere. Peccato, ma inutile, se non contestualizzato come errore o comunque come strada già percorsa che non ha portato da nessuna parte.
Alcuni ne hanno giovato, si dirà. Sicuramente. 
E incredibilmente sono quelli che lo ricordano con improbabile trasporto e nostalgia, certi di essere ormai sdoganati da quel "male assoluto" coniato da Fini.
Come scrissi nel pezzo in cui parlo dell'ossessione rautiana per le sintesi, buttato giù di getto il 3 novembre 2012 – all'indomani della sua morte – saranno tanti quelli che millanteranno amicizia, tanti quelli che lo disconosceranno e pochi quelli che lo ricorderanno senza ricorrere ad una retorica nostalgica del fascismo, che egli stesso – con immutato rispetto della memoria, si badi bene – stigmatizzava energicamente, spronando ad "andare oltre". 
Oltre le divisioni destra-sinistra, ma proprio per questo oltre anche i saluti romani, le camicie nere e i fasci littori.
Sembrerà strano, ma Pino Rauti non era l'uomo nero, era una persona con molti sogni, più per gli altri che per se stesso, però.
Pertanto una disciplina ferrea lo obbligava a un pragmatismo che intimidiva e incuteva rispetto.
Occorreva soltanto decidere se averne paura o stima.
Da questa scelta lui capiva chi aveva davanti.
In un libro in preparazione parlerò di tutto ciò e di tanti altri particolari avvenuti in questo nuovo "ventennio".
Facendo nomi e cognomi, ovviamente…

Un suo "allievo",
senza vergogna alcuna,
anzi, con onore e dignitoso orgoglio.



Metadati fotografia
© Massimo Sestini
Canon EOS-1DS
2003-10-03
09:19:39
Didascalia originale: Roma, Pino Rauti Presidente Movimento Sociale Fiamma Tricolore, in redazione con Carlo Pompei della nuova rivista "Itinerari Saperi sapori".

giovedì 26 ottobre 2017

Anna Frank

Trovai il Diario di Anna Frank tra i libri di mio padre.
Lo lessi come leggevo altri libri, senza sovrastrutture ideologiche.
E come avrei potuto? Avevo 5 anni.
Sapevo leggere e scrivere (oltre che disegnare) prima di iniziare a frequentare la scuola elementare, i miei compagni di classe con memoria lunga ricorderanno che risposi alla maestra, che mi interrogava, se voleva che enunciassi l'alfabeto italiano o quello greco.
Fece chiamare i genitori, spiazzata.
Ebbene, tornando al diario in questione - mai più letto per evitare che influenze postume potessero togliermi quella sensazione - mi colpì l'angoscia, il fatto di non potere fare tutto quel che si sarebbe voluto e non tanto il sospetto e la presa di coscienza di una morte prematura.
Lo scambiai per un romanzo vagamente autobiografico e non capivo perché ogni volta che lo prendevo dalla libreria mia madre me lo strappasse dalle mani e minacciasse mio padre al rientro, ammonendolo di non lasciarlo alla mia portata, altrimenti lo avrebbe fatto sparire.
Tutto ciò, ovviamente, aumentava la mia curiosità tanto che, anche se a tratti, lo lessi.
Non saprei citarne una frase a memoria, né una situazione, come ho visto fare con copia e incolla, sono passati 45 anni.
Ma mi chiedo, gli indignati, lo hanno letto tutti?
O se ne sono serviti, tanto quanto gli idioti, a sproposito?
O funzionalmente a che cosa?
Un libro dovrebbe essere un monito, un faro.
Non dovrebbe essere un mito o un culto.
Si tratti delle "bibbie" di ogni religione, si tratti del diario di una adolescente deportata.
A meno che non vogliate declassarlo sul piano di quello di Bridget Jones.
Ritengo chiuso l'argomento.

giovedì 31 agosto 2017

Piccola analisi della politica contemporanea italiana

Un secessionista che si dichiara nazionalista con comprimari nazionalisti votati al secessionismo interno che non lo riconoscono come leader per dubbia provenienza.
Un leader "primario" non eletto dalla democrazia, proveniente da "sinistra", ma posto a tutela della grande proprietà privata a scapito della piccola.
Cinque gregari, portavoce di un gregario, portavoce del titolare, ma in apparente disaccordo con lui.
Un anziano leader che non si "rassegna a rassegnare" le dimissioni.
Tanti ducetti in attesa del momento propizio.
Tanti buonisti, nessun patriota.
Tanti intellettuali, nessun pensatore.
Troppi giornalisti, nessun inquisitore.
Se fossimo sovrani, con questo materiale umano al vertice saremmo in guai peggiori, bisogna ammetterlo...

L'esercito delle 12 scimmie

Ogni tanto gli americani qualche film politicamente scorretto lo fanno.
Rimane l'ombra sul fatto che certe cose non le fanno dire da un professore universitario, ma da un pur ottimo Brad Pitt e da un doppiatore fenomenale (sembra Pino Insegno, ma non ne sono certo), con le fattezze di un borderline.
Prova ne è l'embargo culturale e l'ostracismo mediatico creato attorno a figure come Noam Chomsky e Paolo Barnard in Italia.
Spegnete la televisione, parlate, scrivete, incazzatevi prima che ci rinchiudano tutti nel recinto descritto da George Orwell.

venerdì 4 agosto 2017

Politica inclusiva ed esclusiva



In un momento di confusione politica a livelli mai raggiunti prima, sorgono spontanee alcune domande sui processi mentali (le presunte strategie) dei sedicenti leader e quelli (le tattiche adottate) sulle masse di riferimento.
Parliamo di confusione e non di disordine (dis-ordine) come quello che si è verificato in anni difficili della Repubblica: anni di piombo, terrorismo, stragi, tangentopoli fino a giungere alle situazioni che hanno necessitato di governi tecnici più o meno legittimi, etc.
Le parti in campo – per esemplificare – le ridurremo a tre, utilizzando anche categorie desuete che, però – essendo entrate nell'immaginario collettivo – sono di più facile individuazione.
Pertanto parleremo di:
  • Destra (Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d'Italia, Alternativa popolare, etc.)
  • Sinistra (PD, Articolo 1, Sinistra Italiana, etc.)
  • M5S
Se le prime due forze sono più o meno definite – seppur con zone non facilmente incasellabili che sconfinano anche nelle aree extra parlamentari – la terza, ovvero il Movimento© della Casaleggio & Associati (uno sponsor tecnico con Grillo come testimonial, più che un partito), non ha "colore" preciso.
Ciò è la fortuna (ma sarà anche la disgrazia) del "grillismo".
  • Fortuna perché – anche se con manovre molto astute, mirate e monitorate – il Movimento è riuscito a veicolare nella sua fase inclusiva di lancio non soltanto il consenso di parte degli indecisi, ma anche la migrazione dei delusi provenienti da altre compagini, spesso opposte* tra loro.
    * Il sogno di "sfondamento" di molti politici del passato, poi tragicamente naufragato.
  • Disgrazia perchè tenere insieme una massa disomogenea, fondamentalmente scontenta e livorosa è un'impresa che farebbe impallidire anche un redivivo Conte di Cavour.
    Seppur possano contare su uno spirito unificante, ma settario (quindi ora esclusivo), al grido di "onestà".
Analizziamo.

Il Movimento 5 Stelle – nei numeri primo "partito" italiano eletto con il 25% dei consensi, oggi stimato al 28% – nelle Sedute del Parlamento vede ridursi questo suo potenziale decisionale da 1/4 dei seggi elettorali a 1/10 di quelli dell'assemblea, nonostante come valore assoluto preceda e distanzi di 1,3 punti percentuali il miglior inseguitore: il PD.
Ciò a causa di una questione sulla legge elettorale che spacca in due lo stesso PD, partito molto più attento dei 5 Stelle a non perdere neanche un voto dal proprio elettorato storico di riferimento, ma sgangheratamente intenzionato a cercare qualche voto in più (blandamente inclusivo).
Da una parte c'è chi vuole una legge elettorale maggioritaria con premio alla coalizione precostituita che garantisce numeri per attuare una governabilità immediata.
Auspicabile, anche se "poco democratico" (ed esclusivo) a giudizio di molti.
Per altri, invece, è preferibile il Proporzionale che lascia spazio anche alle minoranze (inclusivo), ma per raggiungere la governabilità occorrono alleanze post elettorali che consentano di raggiungere i numeri indispensabili per esprimere una maggioranza, meglio se non troppo "ballerina" che abbia bisogno, ad ogni pie' sospinto, di chiedere la fiducia anche su decisioni minori.

Senza entrare troppo nel tecnico, vediamo dall'immagine in testa, che, mentre il PD è tuttora in gara con M5S, il centrodestra – senza alleanze pre o post elettorali – non ha possibilità alcuna di far da ago della bilancia in Parlamento. 
Tuttavia, per quanto riguarda il cosiddetto centrodestra, ci troviamo di fronte ad una situazione rovesciata rispetto a quella del Primo Governo Berlusconi, dove Bossi con la sua Lega era gregario di Forza Italia. 
Importante, sì, ma sempre gregario, anche se molto indisciplinato e capriccioso, come ricorderanno i più attenti.
La situazione, però, si capovolgerebbe di nuovo se Fratelli d'Italia fosse disposta ad una fusione con Forza Italia.
Numeri interessanti, senz'altro, ma ognuno si tiene i propri, come se in una scuderia di F1 i gommisti boicottassero il lavoro dei meccanici.
Un mix di esclusivo ed inclusivo, insomma.

Tutto ciò, comunque, non basta: quando i voti vengono filtrati e si trasformano in seggi in Parlamento, le prospettive variano di nuovo.

In sostanza, se il centro destra fosse unito, non avrebbe di che preoccuparsi, almeno sulla scheda e sulla base del campione intervistato, mentre M5S e PD non possono che incrociare le dita, i primi per non perdere voti e i secondi per acquisirne (alleanze con Articolo 1 e Sinistra Italiana sono impensabili al momento) o quantomeno per rimanere stabili, cosa nella quale il PCI era maestro per non dover far nulla di più al fine di restare dov'era: sotto l'ascella dei correntoni di sinistra della DC.

Inoltre, M5S – qualora i suoi avversari decidessero di suicidarsi politicamente – si troverebbe a governare in una situazione non invidiabile, tra eredità e futuro, che vedrebbe, in maniera paradossale e grottesca, destra e sinistra unite in una opposizione più numerosa della Maggioranza.
A nulla varrebbero le lamentele sulla situazione ereditata – tormentone ripetuto fino alla nausea dai grillini insediati su piccoli e medi scranni – il governo cadrebbe all'atto d'insediamento.
E il Movimento© sparirebbe per sempre.

In tutto questo – per tornare alle strategie dei leader – sfugge quale possa essere quella di Salvini, ancora scosso in un corto circuito tra esclusivo ed inclusivo, frutto in parte del retaggio secessionista e in parte dell'esigenza (di consenso) nazionalista.
O come leggere quella dell'inclusivo Alfano?
Il "farfallone" che si posa di fiore in fiore?
Soltanto una cosa è certa: sia Salvini, Meloni, Renzi o Grillo ad aspirare al potere, il partito di maggioranza rimane sempre quello dell'astensione e dell'indecisione (50%), spesso criminalizzato dai sostenitori del diritto/dovere di espressione di voto.

Ci piacerebbe essere smentiti, ma sembra che tutti mirino a perdere da martiri, anzichè accollarsi un po' di responsabilità.
Che sia questa la strategia comune?
Tanto gli stipendi sono assicurati e a breve anche i vitalizi, con ulteriori capriole estive.


Rappresentatività del campione:
Popolazione italiana maggiorenne; 
campione: 1.602 casi; 
intervallo fiduciario delle stime: ±2,4%; 
totale contatti: 2.000 (tasso di risposta:80%); 
rifiuti/sostituzioni: 398 (tasso di rifiuti: 20%). 

Metodo raccolta informazioni:
Rilevazione telematica su panel 
Consistenza numerica campione intervistati
campione: 1.602 casi; 
intervallo fiduciario delle stime: ±2,4%; 
totale contatti: 2.000 (tasso di risposta: 80%); 
rifiuti/sostituzioni: 398 (tasso dirifiuti: 20%).

giovedì 3 agosto 2017

Vedere e Sapere

Nei giorni scorsi ho avuto un confronto con un trentenne, sedicente esperto del settore e sbandierante lauree.
È vero, non sono laureato in informatica, men che meno in ingegneria elettronica, ma smonto giocattoli e "diavolerie" tecnologiche da 45 anni circa.
La cosa rilevante è che, quando le rimonto, funzionano.
Meglio di prima se funzionavano male, come prima se funzionavano bene.
La domanda allora è: se funzionavano, perchè le hai smontate?
Per vedere, per sapere, come dal titolo dell'enciclopedia per ragazzi che mio padre mi regalò nei primi anni '70: 14 volumi ben rilegati e dai contenuti ricchi, ma spiegati con semplicità.
È grazie a lui – a mio padre – che sono quella curiosa testa di cazzo che sono.
Non a caso le macchine di Leonardo sono la mia passione. 
Mia madre, invece, era sempre preoccupata che mi "avanzassero i pezzi".
In effetti avanzavano spesso, ma l'oggetto funzionava lo stesso, come per magia.
Ed è in quel momento che capisci che anche l'ingegnere che l'ha progettato, quel componente ce lo ha messo forse per capriccio, per scherzo, per dispetto o forse perchè aveva in mente una funzione aggiuntiva, poi mai attivata, chissà.
Il mio approccio alle cose è questo: smontare.
Un approccio che mantengo anche se leggo una teoria che non mi convince.
Un approccio sviluppato in un periodo nel quale tecnica e tecnologia si andavano fondendo in un'unica "crema" spesso virtuale.
Ma non basta più smontare l'hardware, occorre comprendere il software gestionale.
Paradossalmente, però, chi si occupa dell'uno, non si occupa dell'altro, se non per conoscere i punti di contatto necessari al funzionamento.
Chi fa programmazione non si occupa di ingegnerizzazione (disposizione dei componenti, cablaggi e/o connessioni) e viceversa.
Una specializzazione funzionale alla catena di montaggio e alle politiche produttive e di vendita, ma non alla consapevolezza di ciò che si sta facendo.
Questo lo ha capito l'ingegnere trentenne che nasceva quando io ero già tornato dal servizio militare?

giovedì 27 luglio 2017

Abbattere Monumenti

Abbattere monumenti, prima ancora di rappresentare contrapposizione ideologica, è sinonimo di conflitto generazionale, sempre ineluttabile, spesso miope, talvolta stupido.
Nonni e nipoti vanno più d'accordo di padri e figli, i quali sono disposti a criticare il genitore per ogni frustrazione.
Generazioni alterne coalizzate.
Anni addietro si usava l'occhiataccia o, nei casi più gravi, il sano sganassone.
Abitudini perse in favore di un sempre più diffuso senso di colpa da parte dei genitori per non essere riusciti a regalare la vita che avrebbero voluto per sè e per i propri figli.
Ricordo le bestemmie di mio nonno materno quando parlava della sua prole: 6 femmine e 2 maschi, troppe per aiutare mia nonna in cucina, pochi per aiutarlo nei campi.
Altri tempi, per fortuna, si dirà.
Vero, ma abbattere monumenti può farci dimenticare chi siamo e da dove veniamo.
Con il rischio reale di dover ricominciare tutto da capo, probabilmente facendolo peggio.

sabato 22 luglio 2017

Campanilismo in negativo



Laura Boldrini e Tito Boeri rilasciano dichiarazioni pubbliche che potrebbero essere smentite da uno studente al primo anno di economia e commercio appassionato di "Prima nota" (di Stato), ovvero la verifica immediata di liquidità di cassa, cioè il differenziale tra entrate e uscite che determinano attivo e passivo di una attività.
Ci spieghiamo.
Una risorsa (bianca o nera che sia, pardon) deve pagare le tasse e i contributi previdenziali, ma per farlo deve essere assunto e in regola con tutto quanto ciò concerne.
Ora, visto che le assunzioni scarseggiano (anche se in misura maggiore per gli italiani), lorsignori dovrebbero spiegare quali siano i vantaggi oggettivi se loro stessi sospettano e denunciano lo sfruttamento della maggior parte degli extracomunitari clandestini che lavorano in nero?
Le assunzioni per gli extracomunitari convengono al datore di lavoro, ma questo è stato codificato da quel medesimo Stato che non sa far sviluppare, anzi schiaccia con pressione fiscale esorbitante, la produzione e crescita autoctona, una discreta contraddizione, no?
Inoltre, Cassa integrazione, disoccupazione, sussidi e quant'altro vengono percepiti in egual misura da italiani ed extracomunitari?
Oppure vi sono corsie preferenziali?
Le schede in merito sul sito istituzionale dell'INPS sono criptiche e sibilline, molto difficile trarre dati per un cittadino senza competenze fiscali e tributarie.
Occorrerebbe un po' più di trasparenza e un po' meno burocratese, ma – come diceva Andreotti – "nel torbido si pesca meglio".
Tutto ciò premesso, l'alternarsi di "cialtroni al potere" sta facendo maturare nelle persone cosiddette "comuni" la convinzione che chiunque possa ricoprire una carica istituzionale.
Non è così, ma è molto pericolosa questa deriva populista.
Distruggere è sempre più facile che costruire. E sembra sia quel che stanno facendo.
Ogni giorno sono in contatto con italiani, persone reali (non soltanto profili da social network) che chiedono aiuto.
Non hanno un tetto, dormono dove capita, mangiano avanzi e si lavano quando ci riescono, sono stati gettati in mezzo alla strada da un giorno all'altro da gestioni scriteriate anche parastatali e lo Stato dice di non poterli aiutare.
Non sono per l'assistenzialismo, per carità, sono per il rimboccarsi le maniche, sicuramente, ma quando i soldi spuntano fuori da qualche cilindro nascosto soltanto per alcune cose, qualcosa non torna.
Ed è allora che mi interrogo su questo campanilismo in negativo.

La spiegazione? 
Probabilmente l'appartenenza ad una popolazione, anzichè ad un Popolo, non è altro che una convivenza forzata su medesimo territorio con medesimi diritti e doveri.
La contraddizione risiede nel fatto che metà della popolazione italiana è più disposta verso i "poveri codificati", meglio se stranieri, che verso i propri connazionali, ritenuti parassiti e nullafacenti, anche se non per loro desiderio.
Andate a lavorare! urlano gli italiani "di buona volontà" agli italiani "fannulloni", ma hanno sempre pronto un "poverino" radical-chic per il "negretto" affogato.
Parole forti? 
Sicuramente, salvo poi scoprire che, quel benefattore a chiacchiere, riceve lo stipendio da una multinazionale che trivella l'Africa in lungo e in largo.
Nulla di male, è pur sempre un lavoro, ma almeno stia zitto, non si lavi la coscienza con l'acqua sporca di sangue.
L'altra metà, invece, pone la tutela dei propri connazionali (compreso l'altro 50% che li vorrebbe vedere affogare nei debiti) al di sopra di qualsiasi persona che sopraggiunga sul posto esigendo diritti e scaricando i doveri su chi paga tasse anche per loro.
Questi ultimi sono etichettati come razzisti, ma sono quelli che risentono maggiormente della "concorrenza" sulle previdenze, oppure sono persone che si interrogano su che cosa non stia funzionando.
In tutto questo brodo sugoso, Boldrini (nipote di petrolieri) e Boeri (che probabilmente vorrebbe ritirare dal mercato qualche suo vecchio libro in proposito) fanno lauta scarpetta, anche se, soltanto un anno fa, litigavano proprio sulle rispettive prebende.
Un accordo, quando ci sono i soldi, si trova sempre…

domenica 16 luglio 2017

Sotto la banca la capra crepa…



Premessa

Questo post non ha lo scopo o la pretesa di sostituirsi a testi economici, ma è soltanto un excursus su circa quarant'anni (e oltre) di storia scritto da un profano della materia.
L'unica velleità è quella di cercare di divulgare con linguaggio semplice una realtà troppo spesso mascherata o raccontata con terminologia tecnico-finanziaria incomprensibile ai più. 

Prologo

L'indebolimento dell'Italia inizia negli anni '70 del secolo scorso.
Problemi di natura ideologica sembravano avere la meglio su questioni sociali.
Anche se strumenti come la Scala mobile servivano a riequilibrare il potere d'acquisto, essi attivavano contestualmente una spirale inflazionistica senza sbocchi. 
Un vicolo cieco destinato all'implosione, un cane che si morde la coda.
In quei tempi, opposti estremismi e strategia della tensione occupavano le aperture di giornali e telegiornali, relegando l'economia come argomento noioso in chiusura o in rubrica accessoria.

Antefatto

Negli USA, nel 1972, Henry Kissinger, politico ebreo repubblicano di origine tedesca, vara il NWO (Nuovo Ordine Mondiale), che non è – come vorrebbero i complottisti più sfegatati – un'idea a largo raggio di dominio mondiale (anche se poi, nei fatti, lo diventa: i soldi muovono il mondo), ma è esclusivamente un piano per regolamentare quello che già da qualche anno veniva chiamato "consumismo".
Attenzione a questo punto: regolamentare, non contenere.
Curiosità: l'anno successivo, Kissinger, viene insignito del Premio Nobel per la Pace.

In Italia o meglio, in Vaticano, qualche anno prima, venne introdotto il concetto di "paternità responsabile" con il Concilio Vaticano II, una sorta di programma anticoncezionale autorizzato dalla Chiesa con un giro di parole sulla procreazione legittima.
Il referendum sull'aborto completò il quadro.
Il calo demografico che ne conseguì portò a quel fenomeno tristemente noto come "invecchiamento della popolazione" con mancati nuovi ingressi nel mondo del lavoro e con conseguente incremento dei costi – mai compensati – scaturiti dal pagamento delle pensioni e per la sanità. 
Una popolazione inattiva e/o anziana e/o malata ha costi superiori di quelli che ha una giovane e/o sana e/o produttiva.
Lo capisce anche un cretino.

Si giunse quindi a crescita demografica zero nel 1980 circa, mentre il risparmio calò dal 25% al 4%.
È a questo punto che fanno la loro comparsa i prodotti derivati, pura invenzione bancaria per compensare la mancanza di denaro liquido da prestare, essendosi drasticamente ridotto il risparmio di oltre 6 volte nel giro di pochissimo tempo.

Ma non soltanto le banche vanno "in sofferenza" per mancanza di liquidità, anche la macchina statale avverte il colpo registrando meno introiti da tassazione (gettito fiscale): meno lavoratori = meno contribuenti, nel mentre le imposte crescono nel giro di dieci anni circa dal 25% al 53% sui fatturati.
Con l'aumento della "pressione ficale" arriva la prevedibile evasione, un fatto fisiologico (Luigi Einaudi docet: “La frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco”), quindi di sopravvivenza, ma anche – di nuovo – un cane che si morde la coda.

Le piccole e medie imprese, dopo aver licenziato, dissanguate, alla fine chiudono i battenti.
Le grandi sopravvivono, anche grazie a prestiti e cassa integrazione (altro cancro, gli ammortizzatori sociali non sono redistribuiti equamente).
Infatti, nel frattempo, si utilizza un altro escamotage che fa comodo a chi quelle tasse non le vuole pagare: la delocalizzazione delle industrie in nazioni con aliquote di tassazione di molto inferiori a quelle italiane.
Apparentemente sembra una cosa positiva: dimezzando i costi di produzione, il potere d'acquisto raddoppia, almeno in parte, almeno in teoria.
Ma in realtà, oltre a creare schiavi all'estero, in Italia inizia il processo di deindustrializzazione e la disoccupazione aumenta vertiginosamente.
Inoltre lo spostamento della tassazione in paradisi fiscali contribuisce a diminuire gli introiti da gettito fiscale, cifre importanti a sei zeri, altro che scontrini non battuti dai negozianti strozzati dal Fisco.

Pertanto, occorre rigenerare l'indotto produttivo sul suolo italiano: non è "protezionismo" (lo stesso del quale viene accusato Trump), sarebbe semplicemente un rimpatrio delle risorse.
E non va fatto con le facilitazioni alle imprese straniere – cinesi in testa – ma a quelle italiane: gli stranieri non reinvestono qui, vi è una corposa fuga di capitali, sia verso l'est europeo, che altrove.
Con zero investimenti, mano d'opera e impiego spariscono.
Pure questo lo capisce anche un cretino.

L'Europa che non volevamo

Ed arriviamo agli anni '90, gli effetti di questo disastro politico-economico ancora non si avvertono a livello di media borghesia – abbiamo ancora la LIRA e un discreto potere di acquisto – ma già hanno mietuto vittime tra i meno abbienti.
Siamo da poco usciti da Tangentopoli, altra "perla" di distrazione di massa.
Craxi, tra l'altro, ammoniva chi manifestava facili entusiasmi per la moneta unica: lui sapeva perché.

Politici degni di tale nome avrebbero dovuto prevedere che il PIL nazionale gestito dallo Stato non poteva essere trasferito in una gestione sovranazionale, mancando accordi politici – ancorché economici – per una meglio codificata gestione europea.
In quegli anni, il Credito Italiano ridotto a un quarto del potenziale economico fu letteralmente divorato da Mediobanca (Mediocredito e ultimamente riaccorpato in Unicredit), ma non conserva nulla dei principi del "credito", semmai gestisce i debiti e li rivende a finanziarie terze le quali ci lucrano ulteriormente sopra.
Telecom Italia, finita in mano agli stranieri, ha seguito medesima sorte, è passata di mano più volte senza mai un reinvestimento del capitale con conseguente esposizione bancaria pericolosissima.
Il reinvestimento era ovviamente impossibile per mancanza di liquidità, non essendoci utili, ma soltanto dividendi per i creditori e per i manager con buonuscite miliardarie.

Una banca privata in regime statale con moneta sovrana aveva possibilità di influenzare gli andamenti finanziari statali per lo 0,6%, oggi copre il 90%: se salta la banca, salta tutto, non c'è impresa che tenga.

E veniamo a Romano Prodi (consigliato da Giuliano Amato).
1992: occorre firmare il Trattato di Maastricht: per attuare l'unione scellerata bisogna ridurre il deficit dal 7% al 3%, parametro imposto.
Quindi viene pensato un risanamento del 4% realizzato così: 
  • - 2% = nuovo aumento della tassazione;
  • - 1,3% = abbattimento dei tassi sul debito pubblico dal 10% al 4% (meno inflazione pubblica compensata da tasse private, con pagatore di ultima istanza già latitante);
  • - 0,7% = tagli scriteriati e indiscriminati a ricerca e università.
Non soltanto la Grecia ha truccato i conti, oppure siamo riusciti nell'impresa, peraltro folle?
Contestualmente inizia l'associazionismo umanitario delle onlus: dona un euro con gli SMS a chi ne ha bisogno, insomma.

L'euro in realtà ha soltanto sei anni di vita "utile", dal 2002 al 2008, dopo è morto, ma sono bastati a distruggere le microeconomie di chi ha contratto mutui e prestiti in quegli anni: chi sapeva ha comprato in lire e rivenduto in euro, come fanno abitualmente gli speculatori di Borsa.
Soltanto che qui si trattava di imprese e di abitazioni, di famiglie, non di trader senza scrupoli.


Ma perché tutto questo?
Il rapporto Euro-Dollaro

Negli anni 2000, l'America spacció una crescita economica del 32% a fronte di un aumento del PIL di soli 4 punti percentuali, ovvero la crescita annua moltiplicata per 8 anni: non funziona così, il valore percentuale è assoluto e non va spalmato nel tempo.
La bolla economica che ne conseguí, pari al 28% di plusvalenza sul debito pubblico (americano), venne compensata dal pagatore federale di ultima istanza
– ovvero nazionalizzando il debito privato maturato con i mutui subprime – con inflazione programmata (pompaggio di dollari) dalla Federal Reserve supportata da Goldman Sachs, che, però determinó il fallimento degli anelli più deboli, ovvero Lehman Brothers e dei suoi investitori principalmente sui derivati, tra i quali figuravano Stati europei ed asiatici, alcuni preventivamente scippati della sovranità monetaria.

Un giochetto già provato nel 1929, quando il crack di Wall Street buttò in mezzo alla strada milioni di americani, ma che in Europa ebbe scarso riverbero, con ripercussioni assolutamente contenibili.
Sì, avete capito bene, ci provavano da 70 anni. 

Gli Stati europei facenti parte della UE non erano tutelati da medesima struttura monetaria federale USA, ma soltanto nominale, ovvero il pagatore di ultima istanza nazionale era stato sostituito dal "prestatore" di ultima istanza, e in tale veste privata iniziò a conteggiare gli interessi sulla moneta pompata sul mercato, non più sulla base di un PIL nazionale accreditato, ma su una stima delle potenzialità del medesimo, il famigerato spread degli istituti di Rating, ovvero il differenziale tra i PIL nazionali espressi in buoni del Tesoro o equivalenti titoli.
Stime ovviamente sottostimate e presunte su stock, options, futures, bond ed altra immondizia finanziaria virtuale.

La spartizione del bottino

Quindi arriviamo al golpe ai danni del governo Berlusconi nel 2011, l'avvento di Mario Monti alla Presidenza del Consiglio e di Mario Draghi alla Presidenza BCE servono a spianare la strada al Fiscal Compact, un patto che vincola le Nazioni a rispettare regole per il contenimento del disavanzo pubblico, la riduzione del debito e il conseguimento del pareggio di bilancio.
Sempre per rimanere nei famigerati parametri di Maastricht, ma senza avere gli strumenti per farlo, sarebbe come se vi chiedessero di andare a piedi sulla Luna. 
Se non ci riuscite (e non ci riuscirete) è inutile che torniate a casa, l'hanno venduta a qualche sciacallo.

Il resto è Storia, anzi, crisi

Ci viene in mente Winston Churchill nel suo celebre aforisma: “Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico”.
Crisi irrisolvibile, quindi, senza una politica monetaria intelligente, lo capisce anche un… no, un cretino, no, non lo capisce, infatti ne abbiamo votati tanti, specialmente nell'ultimo periodo.
Dopo aver dato in precedenza la nostra preferenza elettorale a squali della finanza, non a statisti.

giovedì 6 luglio 2017

Raggi AMA Roma?

Se consideriamo che molte strade per le quali vengono pagate le spese per la nettezza urbana – sia in centro che in periferia – sono abbandonate al più totale degrado e sporcizia, nascono forti dubbi in relazione alle dichiarazioni espresse da alcuni cittadini.
- abitano in zone privilegiate?
- sono ciechi?
- vedono soltanto quello che gli pare?
La situazione non è né migliore, né peggiore di quella verificata nelle amministrazioni precedenti e la colpa non è dei dipendenti AMA (con i quali sono in contatto e sui quali si vorrebbe far ricadere la colpa), ma della situazione nella quale sono costretti ad operare.
Mi segnalano che le irregolarità riscontrate in maggior numero sono quelle riferite ai quartieri della "movida romana" (San Lorenzo, Testaccio, Ostiense e, non ultimo, Pigneto).
Ciò non è da imputare verosimilmente ai residenti, ma a chi vi trascorre ore di svago nei locali e fuori da questi.
I rifiuti che si trovano in strada vanno dalle siringhe ai profilattici usati, come sempre, ok, ma voi raccogliereste questa robetta senza adeguate protezioni?
Ebbene, le protezioni non ci sono, non sono neanche state messe a bilancio, neanche come costi a preventivo, figuriamoci come spese sostenute.
Le "alte responsabilità" sono difficili da individuare ed è ancora più difficile farvi fronte, siamo d'accordo, ma da qui a dire che da un anno in qua Roma sia un posto migliore, beh, ve ne passa.
E non soltanto per l'immondizia "regolare".
Siate seri, dai.

lunedì 3 luglio 2017

Villaggio è morto, viva Fantozzi


Paolo Villaggio, non solo attore, ma artista poliedrico, è morto.
Non muoiono però le sue maschere, le sue "persone", emblemi di una società tragicomica post boom economico.
Come uno spietato iconoclasta ha descritto i vili, i lecchini ossequiosi, i furbi, i meschini, tutti in fila per giudicare ed essere giudicati.
Chiusi in un caravanserraglio postmoderno, quando la modernità sembrava oramai compiuta e nulla poteva essere più ambito che una "normalissima vita".
i furbi, i meschini, gli ossequiosi
i furbi, i meschini, gli ossequiosi
i furbi, i meschini, gli ossequiosi
Pecora nera della sua famiglia d'origine (per sua stessa ammissione) Villaggio/Fantozzi divenne il personaggio più odiato e amato dagli spettatori.
Odiato da chi vi si riconosceva in un ruolo da gregario bistrattato o peggio.
Odiato da chi si riconosceva nei suoi aguzzini, persone infime, ma di potere, seppur limitato al piccolo ambito, rivelando loro la natura miserrima di se stessi.
Amato da chi – pur riconoscendovisi – aveva avuto coraggio di sollevarsi da quella situazione mortificante.
La "Corazzata Potëmkin…" è stato l'urlo dei risvegliati, degli oppressi dai superiori, ma anche dei consapevoli del fatto che, rimanendo in quella posizione, nulla avrebbero modificato del proprio status, se non sperare in una carrierucola per scalare due o tre posizioni al massimo, ovvero avere sottoposti a propria volta sui quali esercitare un piccolo e detestabile potere.
Il ragionier Fantozzi lo "conobbi" prima di entrare nel mondo del lavoro, anche se, pure in ambito scolastico, si intravedevano quelli che sarebbero potuti diventare i Filini, i Calboni, i Folagra o i medio e mega direttori.
O le signorine Silvani, figura tutt'altro che di contorno.
Poi, iniziando a lavorare, le conferme: quelle figure esistevano per davvero, non erano frutto della fantasia di Paolo Villaggio, erano frutto delle sue acute doti di osservazione delle miserie umane.
Ciò che più inquieta, però, è che oggi, ad oltre 40 anni dal suo debutto, Ugo Fantozzi, da proletario o "piccolo borghesuccio" sarebbe etichettato borghese medio: un lavoro fisso, un mutuo abbordabile, un'automobile pagata a rate, vacanze fantozziane e una pensione minima assicurata, sono diventati un sogno per molti.
La vita "è una cagata pazzesca".

giovedì 22 giugno 2017

I Draghi di Berlusconi


La presa di posizione di Silvio Berlusconi in relazione alla preferenza espressa in favore di Mario Draghi come Presidente del Consiglio italiano è spiegabile, anche se non condivisibile.
Non dimentichiamo che già nel 2013 lo caldeggiò come Presidente della Repubblica (e per i medesimi motivi).
Il "faccendiere" Bisignani lo definì addirittura un golpe, l'ennesimo aggiungiamo noi.
Ma Draghi – ringraziando a denti stretti – disse che stava bene dove stava, almeno fino alla fine di ottobre 2019, cioè alla scadenza del suo mandato in BCE.

Vediamo insieme.

Il Cavaliere, prima disarcionato e poi decaduto, ha ancora da incassare (secondo lui) una cambiale mai riscossa, anzi, almeno un paio: quella fatta "firmare" per l'avvicendamento con Mario Monti nel 2011 alla Presidenza del Consiglio e quella che – quasi contestualmente e conseguentemente – ha consentito a Draghi di diventare Presidente della BCE.
A burocrati europei tranquillizzati sullo spread italiano, però, non certo per quel che dichiara Berlusconi in proposito ai fatti di allora.

Inoltre, la candidatura di Draghi, gli dà modo di mettere una pietra sopra allo sciagurato «patto del Nazareno», l'accordo siglato con Renzi il 18 gennaio 2014.
Le riforme che ne sarebbero dovute scaturire – la modifica del titolo V della seconda parte della Costituzione, la trasformazione del Senato in "Camera delle autonomie" e l'approvazione di una nuova legge elettorale – tra sconfitte e mezze vittorie, tra referendum e consultazioni parlamentari, sono naufragate più o meno miseramente in aggiustamenti "gattopardiani", come al solito.
Con colpevoli avalli e/o distrazioni da parte dei "gendarmi a 5 Stelle", ma tant'è: non riconoscerebbero la sirena di un'ambulanza da quella di una pattuglia di polizia.
Tuttavia sembra che bisogna "lasciarli provare" fino alla fine, quest'ultima unica cosa certa.

La confusione nasce dalla composizione delle squadre opposte in campo: Berlusconi e Renzi per il "sistema" contro Salvini e Grillo "antisistema".
Potremmo sintetizzare rivalità intestine accomunate da battaglie demagogiche per il potere purchè sia: un disastro che non si vedeva dall'aborto del compromesso storico.


Anche in ragione di ciò, a Berlusconi serve un "candidato forte" che scongiuri il ritorno di Renzi (suo unico rivale ora, sempre secondo il livello di alzheimer) e, al tempo stesso, però, giochi un brutto scherzo all'altro Matteo.

Salvini – ex secessionista, ora nazionalista di comodo – infatti, prenderebbe una sonora legnata come principale antagonista delle banche pro euro, una faida trasversale di Silvio per l'irriconoscenza della Lega nei suoi confronti, manifestata più volte nel corso degli ultimi venti anni, prima da Bossi, poi da Maroni, con Tremonti a fare da pesce in barile, una volta di quà, una volta di là, secondo convenienze o secondo "coscienza alternata".

Il tutto avviene, badate bene, per non ritrovarsi Prodi come premier, uno che non sa più quel che fa e dice (se mai lo ha saputo o ha fatto finta di saperlo), che comunque sarebbe visto di buon occhio dall'Europa, più di Draghi, più manipolabile, per non dire di peggio.
E soprattutto ignorando il vincente populismo di Grillo, tutt'ora un'incognita dopo ben quattro anni in Parlamento.
Forse ingenuamente, Berlusconi – coinvolgendo Draghi – spera di mettere cappello e una toppa alla cambiale europea: "se l’Italia esce dall’Euro deve pagare 358,6 miliardi alla BCE", ha da poco dichiarato il suo Presidente in carica, incurante dei sovranismi montanti, anzi, zittendoli bruscamente.

Una furbata che non gli riuscirà, purtroppo anche per noi: seimila euro a testa potremmo investirli per altre iniziative, lasciando a Prodi e ad Amato l'onere dell'insoluto.

Insomma tanto di personale e poco di politico: anche un Bilancia (dei pagamenti) ascendente Sagittario (altri dicono Bilancia) può sferrare colpi di coda (sterili) come uno Scorpione.

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Curiosità (per chi ci crede e per sdrammatizzare)

lunedì 19 giugno 2017

Democrazia spicciola


Un famoso detto recità così: "Le società sono belle in numero dispari inferiore a tre".
Un modo contorto per affermare che si sta meglio da soli che male accompagnati, specialmente in affari.
Prendiamo spunto per parlare di convenienze e convivenze.
Due persone riescono a mettersi d'accordo quasi sempre, poiché conviene ad entrambe giungere al "metà per uno".
Se non ci riescono, generalmente non esistono altre soluzioni in percentuale: Caino uccide Abele e si prende tutto.
Nelle società complesse, ma già partendo dal caso più semplice di esse, ovvero quello che contempla tre persone, le cose sono più difficili da sistemare.
Innanzitutto perché 100% non è divisibile per tre e quindi – concesso il 33% ad ognuno – avanzerà 1% indivisibile (non consideriamo decimali e periodici), ma assegnabile.
Poi perché il singolo può prendere soltanto un terzo a fronte dei due terzi lasciati agli altri.
E poi perché gli altri due, associandosi, potrebbero coalizzarsi contro di lui e farlo fuori.
Tralasciando i numeri pari, che non consentono la certezza della scelta, poichè prevedono un pareggio in eventuale diatriba, analizziamo il fattore 5.
In una società con cinque soci non avanza nulla, ognuno ha il 20% e le possibilità di alleanza si differenziano in maniera diremo "più democratica", cioè con più combinazioni.
Sembrerebbe una soluzione: più aumentano i soci (e 100 rimane numero divisibile per essi), più si garantisce democrazia, ovvero pari diritti.
Ma non è così: quando ci accorgiamo che 100% sarà divisibile per numero dispari soltanto quando arriviamo a 25 soci, ognuno con quote al 4%, giungiamo alla conclusione che soltanto particolari e rarissime configurazioni consentono democrazia, ovvero equa ripartizione.
Ci si avvicina di nuovo nel caso che contempla 33 soci con 3% di quota ognuno, ma avanza sempre quell'1% che ora si è fatto più pericoloso di prima: un socio al 4% contro 32 al 3% è molto più influente rispetto al socio con il 34% contro due al 33% della società a tre soci.
È vero, ci sono sempre le alleanze, ma più c'è suddivisione di consenso, più è difficile gestirle: la situazione italiana del centrodestra ne è un esempio lampante.
Vediamo.
Quando, i soci diventano milioni, la loro quota percentuale è così irrilevante da render necessaria la rappresentatività, e qui si ricomincia con i conteggi, ma dando luogo al primo controsenso o paradosso democratico, ovvero non è la totalità a decidere, ma la rappresentanza della maggioranza, la quale deciderà per tutti: per chi è d'accordo e per chi non lo è.
La democrazia è molto in voga e ben voluta, ma in realtà nasconde una volontà di sopraffazione sulle minoranze che di democratico non ha proprio nulla.
In definitiva, quella che chiamiamo democrazia, ovvero potere al popolo, non è altro che potere alle maggioranze, ma già Aristotele ne aveva parlato qualche anno prima dei moderni sostenitori delle forme di governo attuali.
Ubi maior, minor cessat, sia si tratti di cariche, sia dei rappresentati.
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Di quale cibo si nutre questo nostro Cesare?
Buona notte. E buona fortuna.
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sabato 17 giugno 2017

Ius soli e cazzi vostri


Servirebbe definire il concetto di società e comunità per comprendere quali siano le istanze legittime in esse contemplate.
Aggregazione spontanea o forzata, Comunità, Società civile oppure srl, snc, spa, tipi di società diverse, ma con punti in comune: quelli economici.
Le ingerenze delle une nelle altre creano equivoci, ma è impossibile scinderle.
I cittadini della società civile, ad esempio, a prescindere dall'ordinamento "democratico", non sono "soci" di alcunché, se non quando vengono chiamati a rispondere in solido degli ammanchi generati o malgestiti dagli amministratori, una cosa che li fa somigliare più a sudditi oberati da balzelli senza possibilità di opporsi agli "obblighi di legge" spesso pretestuosi.
Come si è ripetuto fino alla nausea a proposito di carrozzoni nazionalizzati (partecipati): privatizzare utili, socializzare perdite.
In un condominio, però, l'amministratore incauto viene sostituito, in una repubblica democratica è tutto più complesso.
Non soltanto perché è più semplice gestire pochi appartamenti, ma perché, nel condominio, "cosa" pubblica e "cosa" privata sono più a contatto tra loro, quindi più sentite.
Consideriamo un po' nostri anche il pianerottolo, la scala, l'ascensore, il palazzo, la strada, il quartiere. 

Il confinante è più "vicino" di "quel presuntuoso dell'attico" e di "quel poveraccio del seminterrato", ma sono entrambi preferibili a tutti "quelli della scala B che pagano di meno di quote riscaldamento".
Un campanilismo che va diluendosi con la proprietà altrui man mano che ci allontaniamo dal nostro bene immobile, dal nostro più privato ed intimo, dalla cosa nostra. 

In America è usanza dire: NIMBY - Not in my backyard, non nel mio giardino, orticello, etc.
Questa tendenza all'attaccamento alle cose, allontanandosene, riavvicina le anime, le appartenenze.
E gli interessi condivisi.
Come scrissi molti anni fa, se due automobilisti romani si tamponano in viale Trastevere, litigano; se si tamponano a Chicago, si abbracciano: paesa', come chi dal sud si ritrovava al nord o in Belgio.
Questo è quel che fa comunità di riferimento (bianca, nera, gialla, rossa che sia, non importa), non società civile, la quale necessita di regole scritte e da rispettare
Estendere diritto di suolo è gran bella cosa, dal punto di vista filosofico, anche se nel Bronx, Little Italy e Chinatown e in tutti quei posti dove aggregazione spontanea e forzata convivono, di filosofico c'è ben poco, se non l'analisi di chi osserva dall'esterno e non è coinvolto.
Sulla base di questo si potrebbe obiettare che anche alcuni italianissimi non sono degni del titolo, vero anche questo, tuttavia, prima di iniziare una epurazione dei connazionali, facciamo molta attenzione a chi stiamo aprendo la porta.

E soprattutto accertiamoci che oltre ai sacrosanti diritti – spesso negati anche agli italiani di buona volontà – essi abbiano anche medesimi doveri.
In caso contrario, cambiare gli amministratori.
Non è razzismo, è senso pratico: i soldi sono sporchi, ma servono a tutti.

venerdì 16 giugno 2017

L'immortalità del leader


La tendenza a identificare il partito con il suo massimo rappresentante - se non creatore - non è pratica nuova.
Limitandoci agli ultimi cento anni in Italia, Gramsci, Mussolini, Togliatti, Berlinguer, De Gasperi, Moro, Fanfani, Andreotti, Craxi, Almirante, Rauti, Berlusconi, Bossi, sono stati tra i casi più eclatanti, alcuni assurti a vessillo, altri a guida per l'ambiente di riferimento.
Alcuni presi ad esempio, seppur anacronistico, altri ostracizzati e destinati all'oblìo: dover ammettere che chi aveva torto aveva ragione (e viceversa) è difficile anche per il più obiettivo e apartitico degli intellettuali.
Con Berlusconi, però, abbiamo assistito ad una svolta: si è passati dal "padre-padrone" politico-ideologico a quello politico-economico, ovvero dalla proprietà intellettuale a quella materiale del partito o del movimento, che però reinterpreta e recupera la materialità assegnandole utile dignità: ciò la fa assurgere a valore pseudo-ideologico, ma anche molto pratico.
Ci spieghiamo meglio: Berlusconi ha fatto più favori come imprenditore (in qualsiasi accezione intendiate la funzione) o come politico?
Probabilmente più come imprenditore, anche se la "copertura politica" divenne necessaria per proseguire le attività imprenditoriali.

E questo dimostra l'annoso quesito: chi votava Berlusconi?
Moltissimi, soprattuto quelli che negavano di farlo.
Con Grillo, invece, si verifica l'esatto contrario: dichiara di aver votato 5 Stelle anche chi non lo ha fatto, altrimenti sarebbe un plebiscito.
Potenza dell'onestà sbandierata.
Premesso tutto quanto detto, mi chiedo quale sia il ruolo politico esatto ed effettivo di Grillo e che cosa ne potrebbe essere dei pur tanti orfani dopo la sua "morte politica"?

mercoledì 14 giugno 2017

Eguaglianza ed equità


L'immagine a corredo di questo post mette in risalto la possibilità di equiparare i diritti delle persone tramite infrastrutture.
Nell'immagine centrale vediamo una soluzione ottimale, mentre nelle altre due vediamo situazioni che generano rabbia verso chi non ha bisogno di aiuti (ma li sfrutta) e solidarietà verso chi ne avrebbe bisogno (ma non ne dispone).
Potrebbe essere aggiunta una quarta situazione dove i soggetti A e B si scambiano di posto, equiparando la propria posizione sempre a danno del più debole: si chiama accordo tra agiati.
In realtà le letture sono multiple, possiamo considerare le tre figure come padre, madre e figlio, come padre e due figli, come tre fratelli, come tre amici, come tre condomini, come tre sconosciuti.
Come potete immaginare, la mutazione delle tipologie in gioco, genera altre implicazioni: responsabilità del padre verso la propria famiglia, verso i propri figli, tra figli, tra amici, tra condomini, tra sconosciuti.
Per semplicità e per lasciar fuori le implicazioni emotive, prenderemo in esame soltanto quest'ultima possibilità, ovvero quella tra sconosciuti, ma accomunati soltanto dal fatto di far parte di medesima comunità.
L'analisi tra elementi di diverse comunità, infatti, reintrodurrebbe implicazioni emotive che potrebbero portarci fuori strada, vedremo più avanti.
Diamo per scontata la suddivisione in tre parti, cosa che aiuta ad elaborare una ipotesi probabile con più semplicità, condizione indispensabile per giungere ad una tesi credibile e dimostrabile.
Innanzitutto abbiamo la "statura di ceto" (A, B, C) che, in assenza di infrastrutture di compensazione (1, 2, 3), genera il divario da colmare.
Le infrastrutture 1, 2 e 3 dovranno essere posizionate correttamente per compensare il divario.
Per evitare di infilarci in un discorso che potrebbe di nuovo portarci fuori strada – cioè chi le gestisca e perchè le gestisca in un modo più che in un altro – per il momento ci affidiamo allo spontaneismo etico, una "forza utopistica" che dovrebbe gestire i bisogni in maniera che chi più ha, meno riceva, poiché non ne ha bisogno.
Diamola per scontata, anche se sappiamo che non è così.
A questo punto riguardiamo attentamente le tre figure iniziali: notiamo un fenomeno particolare, ovvero, chi è nel mezzo ottiene sempre quel che vuole, cioè, a prescindere da ciò che abbiano i più agiati o i meno agiati, in altre parole, la cosiddetta media borghesia può accontentarsi del livello al quale arriva, poichè esso è sufficiente per guardare oltre lo steccato, anche se con visuale non ottimale.

Ciò che è stato proposto dal Movimento 5 Stelle a proposito dei campi rom (con rappezzamenti populisti dell'ultim'ora), ha invece toccato la media borghesia, prospettando di privarla di quei benefit ai quali era abituata.
(Vedi figura qui a fianco)

Come se non bastasse, ha introdotto la variabile emotiva predetta sopra, generata dal fatto di mettere nel medesimo "contenitore" persone appartenenti a diverse comunità e diverse etnìe.
Quel che ne deriva è un mostro acefalo che non è, come stato detto, "né di destra, né di sinistra", ma contiene entrambe le ideologie: quella del "populismo razzista" alla Salvini e quella della carità "pelosa" tanto cara al "buonismo di sinistra".
Questo non è andare oltre, questo è rimischiare le carte per cercare di non scontentare nessuno.
Andreotti lo sapeva fare – o forse evitava a monte situazioni del genere – Casaleggio forse, Grillo no.

domenica 2 aprile 2017

Fratelli d'ignavia

Fratelli d'ignavia,
l'ignavia è sì lesta,
dell'uomo è lo scempio,
ma si monta la testa.
Dov'è la lordura?
È virgin la donna
che parla giù a Roma?
O già Grillo parlò?

Finiamo le scorte,
non siam pronti a la morte.
Mangiamo le torte,
l'ignavia mangiò.
Finiamo le scorte,
non siam pronti a la morte.
Trombiamo sì forte,
l'ignavia chiavò! Sì!

Fottuti da secoli
sconvolti e illusi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
barca trireme:
affogar tutti insieme,
affondare si può.

Uniti, sniffiamo.
Lerciume e fetore
rivelano ai popoli
le vie dell'odore.
Pensiamo sia libero
il suolo natìo:
uniti, per Dio!
Ma chi bestemmiò?

Dall'Alpi a Sicilia
dovunque c'è guano,
ogn'uomo di paglia
fa un colpo di mano.
Gli spaghetti d'Italia
si chiamavan Barilla,
ma il gong già squilla:
un cinese suonò.

Crukki che bruciano
le Lire vendute:
già il sugo al ragù
le penne ha perdute.
Il sugo d'ignavia,
il sugo piccante,
mangiossi il brigante,
ma il cul gli bruciò…

domenica 29 gennaio 2017

Sui proclami elettorali


Un comizio deve essere tenuto con linguaggio semplice, ma roboante, per coinvolgere tutti e tenerli fermi in platea;
un'orazione congressuale, invece, va esposta con linguaggio appropriato e, purtroppo, non accessibile a tutti, ovvero rivolto ad un pubblico che abbia strumenti di comprensione superiori alla media.
 La differenza tra un comizio di piazza e un "comitato centrale" è tutta qui.

Tradotto: la politica contemporanea soffre dell'incapacità dei suoi esponenti nel saper coniugare il populismo moderno con il politichese d'annata, un virus che contagiava l'intero Arco costituzionale della prima Repubblica e quello parlamentare della seconda.

Il risultato, oggi, non è un vino di minor qualità – tuttavia comunque gustabile e a buon mercato – ma acqua sporca di fondo di tino.

Siamo lontani dalle sintesi, così è facile promettere, difficile è mantenere, senza mezzi e senza consenso che superi percentuali di rilievo: 25mila persone in piazza sono un'inezia alle urne su base nazionale.
Andare a votare senza legge elettorale "coerente" è un suicidio politico.

I programmi? Poi ci penseranno a come attuarli, per il momento si urla alla sovranità come su Facebook, ma senza avere la minima idea su come attuarla senza spargimenti di sangue.

I 5 Stelle – forse, ma non ne sono sicuro – lo hanno capito (solo dopo averci sbattuto il muso, però), gli altri mi sembrano lontani dal conseguire il risultato, impegnati come sono a rispolverare slogan vecchi di quarant'anni.

Chi non ha vissuto quel periodo non può capire e potrebbe cadere di nuovo nell'illusione che ha rovinato (o terminato) la vita di molti che vi hanno creduto.

Spero di sbagliarmi.