domenica 27 novembre 2016

Sul referendum


"Uniforme" e "Divisa". Due termini per definire un abbigliamento di status.

Sono sinonimi o contrari? Dipende.

A prescindere dal significato "tessile" (completo, spezzato, etc.), l'uniforme è assegnata ad un Corpo (Forze dell'Ordine, Esercito, etc.) per distinguere chi la indossa dai manifestanti e dai "rivoluzionari", mentre la divisa è assegnata ad una categoria: i commessi si distinguono dai clienti per abbigliamento "uniformato tra essi".

Mai recarsi in un centro commerciale con una polo del medesimo colore degli inservienti, avrete uno stuolo di clienti che vi chiederanno informazioni, ma, al tempo stesso – scocciatura a parte – avvertirete uno strano potere su quelle persone: potrete essere disponibili con loro, aiutandoli, oppure potrete divertirvi a depistarli (a volte lo faccio, se non sono gentili).

Le distinzioni (l'abito fa il monaco, tema già affrontato), possono essere di natura più sottile: giacca e cravatta contro un jeans e una maglietta.
Ma non soltanto.
Da ragazzino, ad esempio, pensavo che i ricchi fossero biondi, alti e belli, mentre i poveri fossero bruni, bassi e brutti. 
Piccola cultura condominiale nazista ed introspettiva, evidentemente.
Poi Berlusconi cambiò la prospettiva… :)

E veniamo al punto.

Il referendum – paradossalmente – anziché unire, divide in un dualismo popolare (Sì, No) che contravviene alla presunta regola principale della Democrazia, la quale dovrebbe obbedire alla totalità, mentre – nei fatti – soddisfa il volere della maggioranza, la quale, per intrinseca natura duale, presuppone una minoranza delusa.

Ciò apre un'altra discussione.
E cioè, che – analizzando a fondo – sia una minoranza eletta (politici, legge elettorale) a decidere quale maggioranza popolare debba avere la meglio sulla minoranza di medesima categoria.
Divide et impera, solito giochino.
Questo accade perché la Democrazia viene percepita ed usata come un fine (funzionale alle elite) e non come un mezzo per raggiungere lo Stato perfetto (che, peraltro, non esiste).

Votare per reazione non è un valore democratico.
L'onestà è un presupposto, non un valore aggiunto.

Spazzare via Renzi?
Benissimo, mi sta pure antipatico, ma dopo?
Qual'è il piano B?
Ce ne è uno?

Politica non è simpatia, ma governabilità.

Cultura non è aver letto libri, ma avere "scaffali mentali" ove riporli e recuperarli al bisogno.

Pertanto, non puoi essere più stupido di ieri, ma puoi esserlo in egual modo.

Quindi non crescere equivale a decrescere, ma non felicemente.

sabato 12 novembre 2016

L'abito fa il monaco?
Ius soli for dummies


L'abito non è il vestito, ma l'habitus, cioè l'abitudine, ovvero il modo di comportarsi in funzione delle proprie peculiarità/possibilità e delle risorse cui si ha accesso.
Queste, poi, sono influenzate:
- in positivo da intelligenza, talento, esperienza maturata e messa a frutto, nonché dalla coesione sociale, come vedremo più avanti;
- in negativo, ma non sempre, da classe sociale, ambiente circostante, sia geografico che umano, provenienza.
Vediamo.
L'habitus è analizzato nella teoria del sociologo Pierre Bourdieu, che lo definisce: 
«un sistema di schemi percettivi, di pensiero e di azione acquisiti in maniera duratura e generati da condizioni oggettive, ma che tendono a persistere – e questo può essere un problema, n.d.a. – anche dopo il mutamento di queste condizioni».
L'habitus, pertanto, genera azioni che sono proprie di un gruppo o classe di appartenenza: 
«L'habitus non è dunque né universale, né specifico a un individuo».
Sempre secondo Bourdieu, infatti, 
«l'habitus è fattore della riproduzione sociale e culturale»
quindi localizzato e, poiché determina "regolarità" – che, per intrinseca natura, sono prevedibili – queste possono essere utilizzate da alcuni a danno di avversari o a beneficio di alleati.
In ogni caso influenzano la vita della comunità, sia in attivo che in passivo.

L'abito fà il monaco, quindi?
Sì e no, dipende dal contesto, se coerente e non "coatto" da e con il "vestito" indossato.
In conclusione, ogni popolazione ha il governante che merita, mentre un Popolo che ha il medesimo habitus – a prescindere dal colore della pelle (etnìa tout court), ma non dalle proprie abitudini, cioè culti, necessità, desideri e bisogni – può definirsi tale ed aspirare ad avere un "rappresentante che rappresenti" tutti e non soltanto se stesso come "dominus, sed etiam unicum".

Esclusivamente su quel terreno (humus ed estensione territoriale) potrà attecchire la vera democrazia, ma è molto, troppo, difficile che ciò avvenga.

Chi afferma che una convivenza "coatta" sia possibile, racconta una favola nella quale è il primo a non credere, ma nella quale deve far credere altri per proprie esigenze.