giovedì 12 luglio 2018

La difesa della razza "reloaded"


Le razze non esistono – dicono. Ok.
Pertanto non avrebbe senso parlare di società multirazziale?
La parola "razza" andrebbe sostituita con "etnia" – dicono – anche se non sono affatto sinonimi.
Con "etnia", infatti, si intende "forma e sostanza" di un popolo, dallo ius sanguinis allo ius soli, passando per il colore della pelle e gli ordinamenti.
Un'etnia, pertanto, non è una parzializzazione di sradicati ripiantati altrove, ma è ciò che essi diventano – da soli o insieme agli autoctoni – dopo anni di integrazione, qualora auspicata, auspicabile e, soprattutto, possibile.
Conclusione.
Società multirazziale è una definizione "politicamente scorretta", ma dal significato semantico corretto, ovvero descrive quella fase preintegrativa che precede la formazione dell'etnia, possibilmente più stanziale che nomade.
Società multietnica è una definizione "politicamente corretta", ma dal significato semantico errato, ovvero si tratta di un ossimoro: l'etnia ha significato comunitario, pertanto o è unica oppure non è.
In sintesi multietnia è più "razzista" di multirazza, poiché, con bella parola, nega l'evidenza.
Come la cameriera che nasconde la polvere sotto al tappeto.
Ho tentato di mantenere le distanze da entrambe le posizioni, sia quella stupidamente "razzista" a prescindere, sia da quella sostenuta da chi riduce la questione a una semplice negazione dell'integrazione.
Non è, infatti – a mio giudizio – soltanto un problema antropologico e/o antropomorfico.
Io nego la supremazia assoluta di una "razza" (generica e virgolettata) sull'altra, ma non nego affatto le differenze che le distinguono, fosse soltanto per un misero 1%.
D'altronde l'intelligente è "razzista" con il cretino, il ricco con il povero e il bello lo è con il brutto, anche se fanno parte della medesima "etnia" consolidata.
Alle differenze fisiche e mentali si aggiungono poi gli usi e i costumi, ovvero ciò che fa di una popolazione disomogenea un popolo omogeneo, ovvero una etnia compiuta.
Come dissi in un altro post, la tutela della "razza" pura è più antica dei tentativi recenti di Hitler, anzi, si potrebbe affermare che il tentativo scomposto del dittatore nazista fu più una reazione dettata dalla paura che un'azione ponderata.
Mi ha sempre fatto sorridere che, chi auspicasse un popolo formato da giganti biondi e amazzoni potenti, fosse bruno e di statura modesta.
Probabilmente era l'istinto di un padre che voleva figli più alti e più belli di lui, rovesciando esclusivamente sull'aspetto fisico la volontà di potenza e supremazia.
Le deportazioni degli ebrei non hanno nulla in comune con quelle attuate dai coloni americani, nel primo caso si trattava di "pulizia etnica" (appunto), nel secondo era semplicemente annichilimento di un potenziale reazionario da addomesticare a forza lavoro (schiavitù).
In sintesi.
Posso essere più bravo di un giocatore di basket in qualsiasi attività, tranne che nel tirare una palla nel canestro, per ovvie limitazioni fisiche.
Ciò non mi impedisce, però, di allenare una squadra e festeggiare una vittoria con loro a cena, in ogni caso non mi troverei a mio agio a discutere con loro in ascensore.
La linea degli occhi è importante, per questo si discute seduti e si litiga in piedi. 

mercoledì 4 luglio 2018

Salvini e Di Maio al timone "democratico" grazie al… PD

Luigi Di Maio e Matteo Salvini, entrambi vicepremier di Conte

Sono stato ad osservare per un po' in silenzio le reazioni all'operato di questo governo.

Per quanto non mi dispiacciano del tutto alcune posizioni salviniane, non posso non ricordarmi del suo passato secessionista.
Credo nel federalismo intelligente, non nell'extrema ratio che genera la frustrazione derivante dall'impossibilità di realizzarlo correttamente e in tempi brevi.

Ma veniamo al punto.

Qualsiasi partito aderisca a (e faccia parte di) un sistema democratico è – per definizione – democratico.
Pertanto, autodefinirsi democratici è pleonastico.

Tutti i partiti che accettano la struttura parlamentare bicamerale che si forma dopo regolari […] votazioni ed elezioni (non sono sinonimi, è bene ricordarlo) sono "democratici" e nessuno lo è più di altri, altrimenti viene meno il presupposto di base.

Ciò significa che il tentativo di ridefinire il sintagma – sia letterale, che di ordinamento politico vero e proprio – da un'iniziale struttura scissoria (esclusiva, appunto, partitica) porta al pleonasmo aggregativo (inclusivo, positivo nelle intenzioni, ma devastante nelle applicazioni).

Perché devastante?
Perché farlo con aggettivo – e non con sostantivo come faceva la Democrazia Cristiana, la quale delegava all'aggettivazione la parte "religiosa" di derivazione sturziana, vero zoccolo duro di quel partito – porta ad una confusione che non giova a quel comunitarismo al quale tutti i partiti della prima repubblica si appellavano per definire e rafforzare il proprio consenso.

Mani pulite distrusse quelle convinzioni poiché i "correntoni", alla lunga, indebolirono la struttura della linea portante "Sturzo-De Gasperi-Andreotti".
Le tangenti, quindi, erano soltanto un utile corollario che Di Pietro utilizzò, forse inconsapevolmente, più per abbattere Craxi che per creare un effetto domino probabilmente indesiderato.

Anche se il PCI non ne venne intaccato, il 1989 non poteva essere ignorato: una muta di pelle era comunque indispensabile.

Sarebbe filato tutto liscio come l'olio se Occhetto e Compagni non si fossero imbattuti in un personaggio che da Tangentopoli, anziché riceverne bastonate, paradossalmente ne ebbe benefici: Silvio Berlusconi.

Egli doveva fungere da capro espiatorio, ovvero doveva far sembrare i Rossi candidi e puri, più bianchi della neve (e della Balena).

Non andò così: gli ex PCI cambiarono pelle, sì, ma troppe volte, come una donna vanitosa prova più vestiti prima di decidere quale indossare per uscire con un uomo che le interessa.

Ne risultò qualcosa che, via via, strizzava l'occhio agli avversari storici, creando malumore nei duri e puri di entrambe le fazioni.

Se Berlusconi non ha più il carisma, l'età e l'energia di una volta per approfittarne di nuovo, altri – ben più giovani, ma spalleggiati da grandi vecchi – hanno approfittato di questo "buco comunitaristico" per riempirlo con il populismo un tanto al chilo.

In sostanza, il risultante PD è il vero artefice involontario della situazione politica attuale, dapprima con la creazione di personaggi come Renzi, un uomo per tutte le stagioni, ma per nessuna che soddisfi i desiderata popolari (e/o populisti) e poi con la conseguente generazione del suo opposto.

E D'Alema lo sa, come lo sapeva Bersani, ma nessuno lo ha ascoltato, innamorati come erano dell'uomo per tutte le stagioni che invece è durato poco, come scrissi profeticamente in tempi non sospetti.

Insomma, Salvini (e Di Maio in seconda battuta) ringraziano gli ex comunisti.

Inutile rincorrere, occorre proporre, ma seriamente, altrimenti lasciate perdere.