venerdì 31 agosto 2018

IMMIGRAZIONE
RIFLESSIONE SULL'ANALISI DELL'ISTITUTO CATTANEO

"Il paese appartiene ai cittadini... non sono al servizio dei re, ma della patria!"

Il 27 agosto 2018 è stata pubblicata dall'Istituto Carlo Cattaneo (Fondazione di ricerca) una analisi dettagliata sulla situazione migratoria in Europa, con un occhio particolare all'Italia dal titolo: Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione

Ho "analizzato l'analisi", se mi concedete la licenza, e quel che segue sono le conclusioni, ma prima un po' di dati.

Al 31/12/2017 la popolazione censita e riscontrata come residente sul territorio italiano per l'ISTAT ammonta a 60.483.973 persone.
Tra queste, la popolazione straniera (tra comunitari ed extracomunitari regolari) ammonta a un totale di 5.144.440 pari, quindi, a poco più dell'8,5% del totale abitanti.
Tale percentuale è suddivisa in 2.471.722 maschi e 2.672.718 femmine.

Meglio suddivisi in:

Paese--Totale--Maschi--Femmine
Romania--1.190.091--505.961--684.130
Albania--440.465--225.103--215.362
Marocco--416.531--221.932--194.599
Cina (Rep. Popolare)--290.681--146.450--144.231
Ucraina--237.047--52.267--184.780
Filippine--167.859--72.599--95.260
India--151.791--89.749--62.042
Bangladesh--131.967--96.424--35.543
Moldova--131.814--44.309--87.505
Egitto--119.513--80.394--39.119
Altri Paesi--1.866.681--936.534--930.147

Pertanto, la percentuale assoluta comunicata e presa a base nel documento dal "Cattaneo" (7%) è inferiore di circa 1,5 punti percentuali rispetto al dato ISTAT nazionale aggiornato a dicembre 2017.
È diminuito in otto mesi dopo essere aumentato per otto anni?
Può darsi, ma dubito.
Questione di lana caprina, si dirà.

Non proprio, vediamo perché.

Innanzitutto – mentre la percentuale media è nazionale – la percezione è relativa al posto, visto che in periferia e in particolari zone i nuovi poveri sono in aumento ed è lì che attecchiscono gli insediamenti stranieri di fascia bassa – quella più numerosa – stando sempre ai parametri ISTAT che ho esaminato, e anche dove, per fascia culturale, i risultati del "Cattaneo" rilevano – correttamente – una "percezione" di presenza straniera superiore alla media del dato nazionale.
Ma nel dire quanto segue l'istituto fa del "razzismo civile" involontario o velato volendo combattere quello etnico?
La sentenza del "Cattaneo" sarebbe: gli ignoranti e i poveri sono più "razzisti" dei colti e dei ricchi.
Non è del tutto vero, anzi: ignoranti e poveri sono sicuramente coloro i quali hanno maggiori incontri/scontri con le etnìe "diverse", in sintesi conoscono dal vivo la situazione, anche se non hanno studiato.
Si chiama prova empirica e, fino a prova contraria, deve essere accettata come prova "scientifica", al pari – se non più – di teorie scritte, le quali necessitano appunto della prova dei fatti per essere confutate o avallate.
Quindi, a prescindere dal dato percentuale medio – generale ed assoluto – vi sono luoghi dove i dati delle presenze possono oscillare, ovvero scendere fino allo 0% in quartieri di lusso (o nelle palestre VIP), oppure arrivare al fatidico 25% percepito e più, dove la popolazione autoctona – tra l'altro – inizia a scarseggiare per problemi di convivenza dati dalle abitudini diverse dei gruppi etnici coatti e nella palestra di pugilato di periferia l'impresario "senza scrupoli" intravede un futuro campione di boxe tra quegli atletici ragazzi, morti di fame, appena sbarcati.
Pertanto, il dato relativo, in quei luoghi ha ben ragione di differire dal dato medio spalmato su tutto il territorio e su tutta la popolazione.

Sappiamo benissimo che nel Bronx, a maggioranza afro-americana, o a Little Italy, con la comunità italo-americana, vigono tuttora medesime condizioni.
E non è stato un bel vivere quasi per tutti.
In sintesi è quel che Carlo Cattaneo (lui, proprio lui) aveva definito nel "sostrato" (substrato) e "adstrato", ma che al "Cattaneo" oggi sembrano disconoscere o glissare.

Poi c'è la stima di massima – impossibile da quantificare in dettaglio, ma ottimistica, a mio giudizio – relativa agli irregolari o clandestini non censiti che ammonterebbe a sole circa 800.000* unità (sempre dati ISTAT).
Il che, però, porta la percentuale generale delle presenze straniere a sfiorare il 10% della popolazione totale.
In uno Stato che funzioni bene, sarebbe una percentuale quasi irrilevante; in Italia, invece, comporta un problema che non può che peggiorare, visto che le politiche di immigrazione, regolarizzazione e integrazione (più per doveri che per diritti) fanno acqua da tutte le parti.

*Il dato, ovviamente, varia di giorno in giorno, tra invisibili, identificati, espulsi e nuovi arrivi non ancora registrati.

La percezione, specialmente per quel che riguarda la presenza commerciale (non solo cinese, spesso senza controlli fiscali e senza registratore di cassa), è ben superiore e lascerebbe intuire un alto numero di irregolari "invisibili", ma che devono pur sopravvivere come schiavi negli scantinati (la situazione del tessile di Prato è nota), quindi consumano, anche se sempre meno di quel che producono per conto dei loro aguzzini connazionali.

Inoltre, si tratta dell'etnìa in maggior concorrenza nel commercio all'ingrosso – noto il blitz delle Fiamme Gialle a Roma presso CommerCity, dove "postazioni" cinesi (il 50% del totale presente) presentavano un fatturato assolutamente risibile e talmente incongruo rispetto al volume d'affari che quasi non giustificava le locazioni – e al dettaglio con la rappresentanza italiana, già provata dalla forte concorrenza della grande distribuzione, sia alimentare che di accessori vari (dagli alimentari, ai ristoranti, alle pizzerie, ai casalinghi, all'elettronica), la quale spesso attinge ad importazione cinese: la straordinaria somiglianza tra i prodotti "griffati" in vendita nei negozi "brandizzati" (per usare un orribile neologismo angloitaliano) e quelli rivenduti nelle migliaia di negozi cinesi sovente non evidenziano differenze qualitative, a volte anche di prezzo.
Non si tratta di falsi o copie contraffatte, si tratta di partite di medesima merce che viaggiano in un corridoio d'importazione parallelo.
Nonostante il lavoro della GDF, vi è tuttora penuria di controlli e mancanza di una regolamentazione fiscale adeguata da parte dello Stato: non può e non deve essere la microeconomia del cittadino – con il vituperato mantra "compra italiano" – a risollevare le sorti della macroeconomia nazionale, servono maggiori controlli, ma soprattutto regole sul cosiddetto commercio extracomunitario.

Ci sono molti immigrati perché fanno lavori che gli italiani non vogliono fare?

NO, FALSO. Sono lavori che gli italiani non possono fare: non conviene, non hanno né spalle coperte, né santi in paradiso, le spese e la tassazione azzerano i ricavi e spesso li superano.
Ma veramente credete che il susseguirsi di suicidi tra gli imprenditori "storici" sia imputabile alla sfortuna, ad un investimento sbagliato?
Chi afferma queste cose dimostra di non voler vedere oltre il proprio naso o orticello che sia.
In assenza di regolamentazioni, ognuno continuerà a fare quel che più gli conviene – è inevitabile, quasi giusto – ma così, il libero mercato, da sogno di libertà ed equità diverrà incubo e tomba dell'economia nazionale.
Tanto che le "casalinghe di Voghera" non comprano più italiano, ma quel che è venduto al prezzo più basso.

Ciò, tra l'altro, comporta una emorragia di capitali liquidi verso altri Paesi, sotto varie forme – basti pensare anche all'enorme numero di badanti straniere che trasferiscono valuta ogni mese – oltre a quelli che già fuoriescono più o meno dichiarati con il commercio online.
Venti anni fa scrissi un articolo in proposito proprio per non demonizzare l'ancora quasi sconosciuto e nascente commercio elettronico, ma se questo funziona a senso unico, l'andamento (il trend) non potrà che siglarne una brutta fine.
Non vedo preparazione al governo, né all'istruzione, alla ricerca, all'innovazione, né tra i vecchi, né tra i nuovi, che lasci sperare misure adeguate, le frontiere colabrodo per gli esseri umani sono ben poca cosa rispetto alle merci, ma non è affatto una questione svincolata.

In conclusione, penso che evidenziare un presunto "razzismo" generico degli italiani su basi che hanno riscontro soltanto nelle fredde statistiche a campione, non faccia altro che ottenere l'effetto contrario: chi non era "razzista", lo diventa.

Gli aguzzini bianchi nelle piantagioni di cotone negli "Stati del Sud" erano altra cosa, questa è sopravvivenza, non sfruttamento: è mors tua, vita mea.

Fatte salve le deprecabili speculazioni politiche – oculate o avventate che siano – le quali, comunque, hanno fatto in modo che "regioni rosse" diventassero, per protesta, "grilline" o "fasciste", altro termine utilizzato a sproposito, se non per la sua accezione nazionalista, forse patriottica che non sarebbe dispiaciuta neanche al Carlo Cattaneo del '48.

Sembra proprio che il pericolo vero venga sempre da nord, ma ci fanno credere che venga da sud?













lunedì 13 agosto 2018

Il mostro gialloverde e…


La resa dei conti

Dati Gennaio 2018 - Il Fatto Quotidiano

La situazione politica attuale è probabilmente frutto di un "congiuntura comportamentale" delle principali forze antagoniste che – per semplificare – chiameremo DESTRA e SINISTRA.

Prologo

A DESTRA ci si è sempre presi un po' troppo sul serio (da Odino a Wagner,  tra tavole rotonde e Conclavi plebiscitari al Papa polacco, però) in una bellissima ed immaginifica visione della realtà, a volte confermata, ma più spesso smentita da fatti e personaggi susseguitisi sulla scena.
Che cosa divide la DESTRA?
È forse la questione impegnativa del "Dio, Patria e Famiglia", impossibile da gestire tra monoteismi cristiani (ed ebraici) e politeismi del Walhalla? tra repubblicani, monarchici e sansepolcristi? tra "famiglia Brambilla" e "stile Califano"?
Vedremo più avanti.

A SINISTRA, invece, ci si prendeva meno sul serio, consapevoli del fatto - non di essere seri - ma di essere "culturalmente" (e a ragione, per molti versi) molti gradini più in alto, anche se aver letto molti libri non significa necessariamente averli compresi o correttamente interpretati.
Su questa riva, comunque, a prima vista, le cose sembravano semplificate.
Vediamo subito.
Nessun Dio di alcun Tempio cui rendere grazie, nessuna Patria da onorare, né Nazione da difendere, ma soltanto uno Stato marxista (spesso assistenziale).
Mentre la diatriba (occultata) era tra "famiglia Fantozzi" – che scopre le teorie del "proletariato vessato dai padroni" soltanto grazie alle rivelazioni "dotte" di un Folagra metà anarchico, metà autonomo nelle intenzioni, ma tragicamente "dipendente" nei fatti – e lo stile "Ikarus" di D'Alema, archetipo del radicalchic nell'immaginario collettivo di DESTRA, che addirittura schifa Capalbio per veleggiare dove più gli pare: lui – secondo alcuni – i Rolex li indosserebbe una volta soltanto, poi li regalerebbe agli "inferiori", cosciente di quanto lo status symbol sia più una gabbia, che un paio d'ali.
Anche se Icaro – aggiungiamo – con le sue (di cera) poi precipitò essendosi avvicinato troppo al calore del sole (dell'Avvenire*).

Non sto qui ad elencare la bibliografia e la biografia degli autori di riferimento relativi alle appropriazioni indebite dell'una e dell'altra parte.
È corposa e la potete trovare facilmente in rete, mantenendo distacco, senso critico e verifica incrociata delle fonti, però: non chiedete mai all'oste se il suo vino è buono, la risposta sarà ovvia.

Quanto espresso farà mugugnare gli intellettuali (o presunti tali) soprattutto di DESTRA, ma è un fatto: il divario tra "chi ha studiato" veramente e chi si è pigramente appoggiato alle teorie "destrorse" e "sinistrorse", spesso travisandole e manipolandole ad usum delphini, è abissale.
È la nota teoria del lampione spento di notte**: anche se non si vede a un palmo dal naso – anzi, proprio per questo – è pur sempre un appoggio.

*-**A DESTRA sostengono che non c'è notte così lunga da impedire al SOLE di risorgere con riferimenti più al Dio Sole che alla stella che ci scalda e illumina, a SINISTRA aspettano ancora il Sol dell'Avvenire, ma utilizzando medesima iconografia del Sol Levante che, però, nasceva prima sul Giappone dell'asse Ro-Ber-To dell'Imperatore Hirohito (il Patto d'Acciaio con Hitler e Mussolini) che sulla Cina comunista di Mao.
Avvenire è anche la Testata indipendente, ma di ispirazione cattolica che tratta notizie di interesse socio-umanitario con i medesimi toni dell'apertura all'accoglienza auspicata dalla sinistra, ma con motivazioni dalle sfumature diverse.
Particolari, si dirà, ma comunque interessanti per avere un quadro completo sulla visione delle due fazioni.

Quindi, sintetizzando:

- a DESTRA si schierano alcuni intellettuali relativamente rilassati, altri nervosi, se non isterici pseudo intellettuali radicalchic e, infine, militanti variegati non classificabili in dettaglio, più o meno estremisti e non sempre presentabili nei salotti buoni, poiché, al pensiero ponderato, preferiscono l'azione non ponderata.
Stanno quasi tutti in piedi: Marcia su Roma!

- a SINISTRA ci sono intellettuali quasi sempre in piedi, poi intellettuali e non seduti o sdraiati, comunque molto rilassati radicalchic e, da ultime – funzionali, per voto e utilizzo – ci sono le masse proletarie alla mercé, un po' per scelta di comodo, un po' per obbligo naturale, a quanto è dato sapere.
In piedi e di corsa: la Lunga Marcia.

Un esempio metaforico accessibile a tutti

La DESTRA postfascista di Almirante e predecessori ha ideologicamente fornito case nere del fascio con mobili neri nelle quali abitare, ma non si poteva cambiare né il colore, né la disposizione interna.
Ciò è funzionale alla rigida (e auspicata) formazione di derivazione militare del "camerata", ma – esaurito il tempo della militanza, che termina inesorabilmente dopo qualche anno – l'impostazione marziale va stretta a tutti, sia agli intellettuali (tra i quali ci sono spocchiosi "battitori liberi", come amano definirsi) sia agli ignoranti che pensano ormai di sapere e che fanno della spocchia di rimbalzo un innalzamento culturale da guerriero rozzo a samurai evoluto, fino a grottesco piccolo borghese dal Saluto Romano facile.
Gesto del quale non comprendono le impegnative implicazioni diritti/doveri di una società che non contemplava libertà e democrazia, ma impero aristocratico e schiavitù plebea.
Insomma, si vorrebbero unire la marzialità di Sparta e la cultura di Atene, se si preferisce come esempio.
Bello e impossibile.

La SINISTRA antifascista di Togliatti (più che comunista di Berlinguer o Ingrao) ha, invece, ideologicamente fornito mattoni rossi per costruire case e mobili rossi da posizionare come si riteneva più opportuno.
Ciò ha dato la sensazione, ingannevole, di libertà e uguaglianza – sfociando spesso nell'anarchia illusoria (Folagra-Fantozzi) – a tutti i compagni, i quali l'abitavano felici (talvolta a sbafo) e si sentivano tutelati nella casa pur rossa dai mobili pur rossi con i cassetti pur rossi.
Una "militanza diluita", quasi inconsapevole, più furba che intelligente e assai meno impegnativa per tutti, ma sicuramente più funzionale* al Partito che a loro stessi come singoli: la differenza tra unità ed unione più volte ribadita altrove.

*Quando fu il momento della responsabilità di Governo voluta da Berlinguer, sia i seguaci di Amendola che quelli di Ingrao (per non parlare di quelli di Cossutta) fecero un silenzioso e cauto passo indietro: era meglio rimanere all'opposizione, sotto l'ascella sinistra protettiva della DC, anziché rischiare crisi di fiducia delle quali assumersi responsabilità davanti al popolo che avrebbe iniziato a porre scomode domande su come mai i difensori dei proletari, una volta al governo, non fossero capaci di attuare le premesse e le promesse dello Stato perfetto.
Togliatti era morto da tempo, chissà come avrebbe agito?

PS: L'intellettuale-contadino è uno studioso di buona famiglia con l'hobby dell'orto in casa; il contadino-intellettuale è un povero bifolco con aspirazioni superiori; il primo è un radicalchic "di sinistra", il secondo è un proletario comunista autentico.

Lo status quo

Ci fu, quindi, il tentativo dello sfondamento a SINISTRA da parte della DESTRA "transigente" (non si equivochi e non si estenda arbitrariamente, continuate a leggere) che ha visto pochi esponenti di quel mondo impegnati nel tentativo – intrapreso più o meno in buona fede, più o meno seriamente, ma comunque miseramente fallito – che non piacque ai duri e puri "intransigenti".
Ne citiamo tre tra quelle che riteniamo maggiormente rappresentative nel panorama del Movimento Sociale post Almirante, anche se in esse, ad esse e da esse sono inglobate, congiunte e ne sono scaturite altre che tutt'ora rappresentano la scriteriata frammentazione del centro-destra/destra/estrema-destra.
Ci si riferisce, in particolare*:
- all'«Abiura di Fiuggi» e al «Male Assoluto» di Gianfranco Fini con Alleanza Nazionale;
- all'evitare inutili e dannosi «torcicolli in camicia nera» (ma senza rinnegare il passato) di Pino Rauti;
- alle notevoli disamine di Giano Accame, probabilmente il più equilibrato nell'esporre lucidamente la propria teoria della retorica della transigenza**, la quale avrebbe meritato maggiori attenzione e seguito.

* NB: Se questo excursus vada dal migliore al peggiore o viceversa, oppure in ordine diverso, dipende da chi legge, non da scrive. 
** Per approfondimenti: 
RETORICA della TRANSIGENZA - Giano Accame attraverso i suoi libri, di Carlo Gambescia, Edizioni IL FOGLIO, Piombino, giugno 2018.

Poi venne il turno della SINISTRA: sopravvissuta "miracolosamente" a Tangentopoli – forse graziata da Di Pietro, chissà? – ma pesantemente fiaccata dalla caduta del Muro di Berlino (e di Mosca), fu costretta a provare con lo sfondamento a DESTRA, con i vertici oramai consapevoli del fatto che la strada del "comunismo ad oltranza" fosse – se non un vero e proprio vicolo cieco o addirittura un suicidio – quantomeno un percorso giunto al bivio delle "decisioni epocali", per dirla con Pino Rauti*.
Ecco spiegate le continue metamorfosi dell'ex PCI con le numerosi ridenominazioni nel tempo fino a giungere al Partito che si definisce Democratico per antonomasia, tradendo, così facendo, le stesse intenzioni democratiche.

*Pino Rauti, un politico molto più attento alle modificazioni in atto tra le file degli avversari che presso le proprie, probabilmente sottovalutandone o sopravvalutandone i componenti.
Un errore strategico, più che tattico, se vogliamo: nonostante il proverbio diffuso "camerata, camerata, fregatura assicurata", Rauti si fidava del suo entourage, anche perchè, dopo la scissione di Fiuggi, non era poi così numeroso: era solito dire che più che militanti erano rimasti milipochi, dimostrando spirito umoristico in una situazione preoccupante per il MSFT.
Di questo parlerò più approfonditamente in un capitolo dedicato di un libro di prossima pubblicazione che riprende le argomentazioni citate nella nota precedente.

Epilogo

Il ventennio che da Occhetto porta a Renzi, passando per D'Alema, è testimonianza della trasmutazione auspicata dalla SINISTRA, anche se ciò ha creato facili entusiasmi prima e altrettante delusioni e disillusioni poi.
Pertanto, mentre i pochissimi duri e puri di entrambe le sponde sono rimasti fermi dove erano – ma senza rappresentanti all'altezza del gravosissimo compito irrazionalmente autoassegnato – il grosso del bacino di consenso si è fisiologicamente travasato in 5 Stelle.

Grillo e Casaleggio.
Infatti, così come la Lega Nord e la Liga Veneta intercettarono il malcontento tra i nordisti verso il centro-sud "pigro e ladrone", così l'architetto (Casaleggio) – non il geometra (Grillo) – ha intelligentemente intercettato il malcontento tra popolino e governanti, inventando dal nulla (è il caso di ribadirlo: NULLA) un Movimento destinato a diventare "partito", cosa peraltro già inclusa nella partizione concettuale iniziale: "noi siamo tutti onesti, chi non è con noi è un ladro".
Un'inversione dell'onere della prova assertiva esclusiva e non inclusiva (se sei onesto, vieni con noi) tipica di chi non ha altri argomenti se non quelli costruiti su un tavolo di un'agenzia pubblicitaria per inventare un plus per un prodotto che non ne ha.
Infatti si tratta di una commistione tra inclusivo ed esclusivo che è una contraddizione in termini trasformata in slogan di successo e di consenso.

Salvini.
Non è neanche un caso che pure la Lega abbia cambiato pelle, cioè che da movimento separatista/secessionista esclusivamente "padano" si sia trasformata nel "Partito di Salvini", Nazionalista "ad libitum et officium", con codazzo di sovranisti di comodo.
Ciò non meraviglia: l'esperienza da gregari "fondamentali" con Berlusconi ha insegnato loro come comportarsi, anche se, sia la Lega, quanto i 5 Stelle, sono innamorati della voglia di governare che aveva Berlinguer, ma ignorano completamente le motivazioni della prudenza di Amendola, Ingrao e Cossutta: il popolo elegge, il popolo distrugge.

Conclusioni

Quando parlo di mostro bicefalo/acefalo gialloverde, mi riferisco a questo brodo "ultimordiale" (scusate l'ennesimo neologismo orribile, ma visionario e calzante).

La stella da sceriffo è sul cuore, a SINISTRA, il portafoglio è nella tasca posteriore DESTRA, portando la mano dall'una all'altro ci si ferma spesso sulla pistola, quando si arriva al redde rationem.

Di Andreotti ne nasce uno ogni duecento anni, di cialtroni opportunisti ne nascono dieci al giorno.

domenica 12 agosto 2018

Un giro dalle parti del libero arbitrio*


Scambio di merce e merce di scambio


Ognuno spende i propri soldi come vuole o ognuno si suicida come vuole?


La società – a mio giudizio, badate bene – può essere (e dico può, non affermo che è) subdolamente veicolata con bisogni indotti.
Si potrebbe obiettare che esista il libero arbitrio, certo, esiste: ognuno è libero di spendere i propri soldi come vuole, oppure regalarli o donarli (se gli avanzano). O, ancora, prestarli ad usura, ma questo è un altro discorso.
Se – in moltissimi casi – si tratta veramente di consapevole libero arbitrio, in molti altri di che cosa si tratta? Di bisogno di status symbol? di emulazione? o di chissà cosa altro?
Di qui, l'induzione al consumo e, da quello motivato e consapevole al consumismo, il passo è breve.
Non interessa qui il caso del miliardario che consuma tutta la cocaina in circolazione (né interessa come sia diventato ricco, né come abbia deciso di suicidarsi, per inciso), ma il caso del metalmeccanico che spenda due interi stipendi per un articolo soggetto ad obsolescenza precoce (e probabilmente programmata, con guasto immediato appena scade la garanzia) e valore intrinseco nullo, anziché investire quel poco che ha o che guadagna in qualcosa di duraturo, utile o addirittura indispensabile.

"Affari loro" – direte.
Fino a un certo punto: tra "quelli che non arrivano alla fine del mese" ci sono quelli che stringono la cinghia, ma ci sono anche i furbetti, cioè i questuanti del "reddito di cittadinanza", del diritto alla casa popolare senza diritto, della decrescita felice, del livellamento verso il basso, dell'assistenzialismo statale, ovvero, un costo sociale per tutti non compensato.
È, probabilmente, l'humus migliore per il germogliare dei populismi generati dall'invidia sociale.

Analizziamo.
"Se non hanno i soldi per mangiare, figuriamoci per risparmiarli" – direte ancora.
Sì, vero, in effetti si risparmia quando si può per sopravvivere quando non si può più farlo, ma allora perché spendere soldi a casaccio in periodi di vacche magre?
Non stupisce, quindi, che ad accrescere il numero dei "complottisti di comodo" (non i pochi che distinguono tra teorie campate in aria e quelle sulle quali è opportuno e consigliabile porsi delle domande) vi siano persone perlopiù appartenenti a questa categoria.
Ma non soltanto e non tutti, come anticipato e come cerco di spiegare.
È fisiologico: se non stai bene (o fingi di star male), chiedi aiuto, invochi protezione o denunci persecuzione, ma – proprio per questo – occorre distinguere tra bisognosi autentici e i furbetti citati.

Vediamo.
Le cronache e le statistiche ci raccontano che sono aumentati i suicidi tra persone che hanno perso il lavoro e tra imprenditori "sfortunati".
Cinicamente si potrebbe affermare che un suicida sia una bocca in meno da sfamare, ma sono anche due braccia tolte all'agricoltura (che gli italiani… etc.), all'industria (sempre più delocalizzata), al commercio (sempre più in mano a grande distribuzione ed esercenti stranieri), ai servizi (sempre più scarsi), al lavoro in genere, insomma alla produzione che dovrebbe generare il PIL e, di conseguenza, consentire i consumi.
Un corto circuito.

Non mi sembra che si tratti del migliore dei mondi possibili; possiamo accontentarci, sicuramente, potrebbe andare peggio (e sembra la strada imboccata), ma si potrebbe anche fare di molto meglio.

Ma attenzione: quando dico "non è il migliore dei mondi possibili" intendo dire che non è ANCORA il migliore dei mondi possibili: non rimpiango alcun "bel tempo andato", se non la mia spensierata giovinezza, che nulla ha a che vedere con i secoli e i millenni precedenti, imperi mediterranei, mediorientali, asiatici, centro-sud-americani, medievali, barbarici, rinascimentali, illuministici o risorgimentali in ordine sparso con le loro "religioni" politeistiche, monoteistiche, ecclesiastiche, confessionali, fideistiche, laiche e profane.
Pertanto la mia è una visione futuribile, non "passatista": "si stava meglio quando si stava peggio" o populista: "è tutto un magna-magna".
Sono moderatamente ottimista, ma rimanendo nell'ambito del realismo, però, senza derive new-age, l'era dell'Acquario o roba del genere hanno già prodotto delusioni, disillusioni e, talvolta, disastri.
Quindi non sono contro la modernità e il progresso: infatti ho qualche riserva sulla teoria di Massimo Fini sul "Denaro sterco del demonio".
La definizione, inoltre, contiene una contraddizione in termini, cioè "de-monio", anche se l'autore cerca di distinguere tra denaro senza valore intrinseco e con valore attribuito, ma inteso come merce di scambio (il denaro non è il mezzo, ma il fine), e moneta con valore intrinseco o attribuito intesa come strumento (mezzo) di scambio di merce in sostituzione del baratto.
Ovvero della trasformazione della produzione per fabbisogno alla trasformazione in consumatori seriali, semplificando in eccesso, lo so.

Per alcuni non esistono le famiglie che non arrivano a fine mese, d'altronde, da sempre, la saggezza popolare sostiene che il sazio non crede all'affamato.
Tale negazione è spiegata dall'assunto aprioristico – erroneamente generalizzante – che si tratti indistintamente di "paraculi fancazzisti" (i furbetti), quelli che sanno soltanto chiedere allo Stato in maniera parassitaria nei confronti degli altri che producono.
Pertanto, occorrerebbe seriamente mettere mano alle statistiche, pur sempre troppo ottimistiche: è più facile indicizzare i redditi (furbetti a parte) che individuare l'invisibile che muore di fame.
In ogni caso, non si possono prendere a campione soltanto i dati che confortano il proprio assunto aprioristico, non è intellettualmente onesto.
E poi, come si fa a definire la produttività?
Per il metalmeccanico o l'impiegato statale, il filosofo è un fancazzista e, spesso, viceversa, se il filosofo è un furbetto.

Occorre anche precisare – però – che la massa dei "complottisti di comodo" si annida nel ceto di livello medio-basso, sia economicamente che culturalmente, ovvero quelli (molti, ma non tutti) che chiedono assistenza allo Stato per i bisogni di prima necessità (casa, sussistenza alimentare e servizi), ma dilapidano quel poco che si guadagnano in beni futili o inutili.
Coloro i quali hanno rendite da posizione (impiego statale et similia) oppure i benestanti da rendite personali, non hanno motivo di lamentarsi, se non in maniera marginale, blanda, magari ipocrita, ma sicuramente non in misura "complottistica": non converrebbe loro smontare un sistema che, tra alti bassi, tutto sommato, li lascia vivere abbastanza bene.

Attenzione: non criminalizzo alcuna delle categorie citate, come vorrebbero fare (e hanno fatto) assolutismi e autoritarismi che pretendono di "educare" il singolo per educare il popolo, ne faccio soltanto una lettura analitica, pertanto si tratta innanzitutto di un'analisi più profonda sulla natura antropologica del singolo che soltanto successivamente sfocia in quella sociologica, come fenomenologia delle masse.
Non a caso quando parlo di status symbol o di che cosa altro? sono interrogativo, non assertivo.
In sintesi non sono teorie definitive sul giudizio finale alle persone e alla società, ma soltanto domande funzionali allo sviluppo del ragionamento, tenendo sempre presente che la libertà di chiunque finisce non quando (tempo), ma dove (spazio) inizia quella altrui.
Per questo motivo il libero arbitrio funziona bene in modalità soggettiva e scricchiola in quella oggettiva/collettiva.
Questo è quel che penso, giusto o sbagliato che vi sembri.
Questo è quel che è, altrimenti non è.
Né libero arbitrio, né libertà, né niente altro.



*Libero arbitrio
da http://www.treccani.it/enciclopedia/libero-arbitrio/
Espressione usata per indicare la libertà dell'uomo, i cui atti non sono determinati da forze superiori (di tipo soprannaturale o naturale), ma derivano da sue autonome scelte.
Nata sul terreno delle discussioni teologiche cristiane, in relazione alla conciliabilità tra onnipotenza e onniscienza divina e libertà umana, è in connessione con i problemi della grazia, della predestinazione e dell’origine del male. 

S. Agostino distingue il libero a. dalla libertà perfetta, che l’uomo avrebbe perduto in seguito al peccato originale, identificandolo come quel posse non peccari per cui esso diviene essenzialmente inclinazione al bene, pur potendo volgersi al male.
Nella scolastica il concetto di libero a. venne sviluppato in connessione al problema della volontà e della razionalità della scelta.
In S. Tommaso esso viene a identificarsi con la volontà e la volontà libera non può non attenersi ai dettami della ragione.
In antitesi all’intellettualismo tomistico una concezione volontaristica tende a ritrovare la libertà del volere nella totale indipendenza della volontà rispetto ai motivi dell’agire: così in G. Duns Scoto la libertà è intesa come possibilità di determinarsi ad azioni opposte, mentre in Guglielmo di Occam si accentua il carattere arbitrario della scelta, l’indifferenza rispetto a qualsiasi tipo di motivazione.