venerdì 31 agosto 2018

IMMIGRAZIONE
RIFLESSIONE SULL'ANALISI DELL'ISTITUTO CATTANEO

"Il paese appartiene ai cittadini... non sono al servizio dei re, ma della patria!"

Il 27 agosto 2018 è stata pubblicata dall'Istituto Carlo Cattaneo (Fondazione di ricerca) una analisi dettagliata sulla situazione migratoria in Europa, con un occhio particolare all'Italia dal titolo: Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione

Ho "analizzato l'analisi", se mi concedete la licenza, e quel che segue sono le conclusioni, ma prima un po' di dati.

Al 31/12/2017 la popolazione censita e riscontrata come residente sul territorio italiano per l'ISTAT ammonta a 60.483.973 persone.
Tra queste, la popolazione straniera (tra comunitari ed extracomunitari regolari) ammonta a un totale di 5.144.440 pari, quindi, a poco più dell'8,5% del totale abitanti.
Tale percentuale è suddivisa in 2.471.722 maschi e 2.672.718 femmine.

Meglio suddivisi in:

Paese--Totale--Maschi--Femmine
Romania--1.190.091--505.961--684.130
Albania--440.465--225.103--215.362
Marocco--416.531--221.932--194.599
Cina (Rep. Popolare)--290.681--146.450--144.231
Ucraina--237.047--52.267--184.780
Filippine--167.859--72.599--95.260
India--151.791--89.749--62.042
Bangladesh--131.967--96.424--35.543
Moldova--131.814--44.309--87.505
Egitto--119.513--80.394--39.119
Altri Paesi--1.866.681--936.534--930.147

Pertanto, la percentuale assoluta comunicata e presa a base nel documento dal "Cattaneo" (7%) è inferiore di circa 1,5 punti percentuali rispetto al dato ISTAT nazionale aggiornato a dicembre 2017.
È diminuito in otto mesi dopo essere aumentato per otto anni?
Può darsi, ma dubito.
Questione di lana caprina, si dirà.

Non proprio, vediamo perché.

Innanzitutto – mentre la percentuale media è nazionale – la percezione è relativa al posto, visto che in periferia e in particolari zone i nuovi poveri sono in aumento ed è lì che attecchiscono gli insediamenti stranieri di fascia bassa – quella più numerosa – stando sempre ai parametri ISTAT che ho esaminato, e anche dove, per fascia culturale, i risultati del "Cattaneo" rilevano – correttamente – una "percezione" di presenza straniera superiore alla media del dato nazionale.
Ma nel dire quanto segue l'istituto fa del "razzismo civile" involontario o velato volendo combattere quello etnico?
La sentenza del "Cattaneo" sarebbe: gli ignoranti e i poveri sono più "razzisti" dei colti e dei ricchi.
Non è del tutto vero, anzi: ignoranti e poveri sono sicuramente coloro i quali hanno maggiori incontri/scontri con le etnìe "diverse", in sintesi conoscono dal vivo la situazione, anche se non hanno studiato.
Si chiama prova empirica e, fino a prova contraria, deve essere accettata come prova "scientifica", al pari – se non più – di teorie scritte, le quali necessitano appunto della prova dei fatti per essere confutate o avallate.
Quindi, a prescindere dal dato percentuale medio – generale ed assoluto – vi sono luoghi dove i dati delle presenze possono oscillare, ovvero scendere fino allo 0% in quartieri di lusso (o nelle palestre VIP), oppure arrivare al fatidico 25% percepito e più, dove la popolazione autoctona – tra l'altro – inizia a scarseggiare per problemi di convivenza dati dalle abitudini diverse dei gruppi etnici coatti e nella palestra di pugilato di periferia l'impresario "senza scrupoli" intravede un futuro campione di boxe tra quegli atletici ragazzi, morti di fame, appena sbarcati.
Pertanto, il dato relativo, in quei luoghi ha ben ragione di differire dal dato medio spalmato su tutto il territorio e su tutta la popolazione.

Sappiamo benissimo che nel Bronx, a maggioranza afro-americana, o a Little Italy, con la comunità italo-americana, vigono tuttora medesime condizioni.
E non è stato un bel vivere quasi per tutti.
In sintesi è quel che Carlo Cattaneo (lui, proprio lui) aveva definito nel "sostrato" (substrato) e "adstrato", ma che al "Cattaneo" oggi sembrano disconoscere o glissare.

Poi c'è la stima di massima – impossibile da quantificare in dettaglio, ma ottimistica, a mio giudizio – relativa agli irregolari o clandestini non censiti che ammonterebbe a sole circa 800.000* unità (sempre dati ISTAT).
Il che, però, porta la percentuale generale delle presenze straniere a sfiorare il 10% della popolazione totale.
In uno Stato che funzioni bene, sarebbe una percentuale quasi irrilevante; in Italia, invece, comporta un problema che non può che peggiorare, visto che le politiche di immigrazione, regolarizzazione e integrazione (più per doveri che per diritti) fanno acqua da tutte le parti.

*Il dato, ovviamente, varia di giorno in giorno, tra invisibili, identificati, espulsi e nuovi arrivi non ancora registrati.

La percezione, specialmente per quel che riguarda la presenza commerciale (non solo cinese, spesso senza controlli fiscali e senza registratore di cassa), è ben superiore e lascerebbe intuire un alto numero di irregolari "invisibili", ma che devono pur sopravvivere come schiavi negli scantinati (la situazione del tessile di Prato è nota), quindi consumano, anche se sempre meno di quel che producono per conto dei loro aguzzini connazionali.

Inoltre, si tratta dell'etnìa in maggior concorrenza nel commercio all'ingrosso – noto il blitz delle Fiamme Gialle a Roma presso CommerCity, dove "postazioni" cinesi (il 50% del totale presente) presentavano un fatturato assolutamente risibile e talmente incongruo rispetto al volume d'affari che quasi non giustificava le locazioni – e al dettaglio con la rappresentanza italiana, già provata dalla forte concorrenza della grande distribuzione, sia alimentare che di accessori vari (dagli alimentari, ai ristoranti, alle pizzerie, ai casalinghi, all'elettronica), la quale spesso attinge ad importazione cinese: la straordinaria somiglianza tra i prodotti "griffati" in vendita nei negozi "brandizzati" (per usare un orribile neologismo angloitaliano) e quelli rivenduti nelle migliaia di negozi cinesi sovente non evidenziano differenze qualitative, a volte anche di prezzo.
Non si tratta di falsi o copie contraffatte, si tratta di partite di medesima merce che viaggiano in un corridoio d'importazione parallelo.
Nonostante il lavoro della GDF, vi è tuttora penuria di controlli e mancanza di una regolamentazione fiscale adeguata da parte dello Stato: non può e non deve essere la microeconomia del cittadino – con il vituperato mantra "compra italiano" – a risollevare le sorti della macroeconomia nazionale, servono maggiori controlli, ma soprattutto regole sul cosiddetto commercio extracomunitario.

Ci sono molti immigrati perché fanno lavori che gli italiani non vogliono fare?

NO, FALSO. Sono lavori che gli italiani non possono fare: non conviene, non hanno né spalle coperte, né santi in paradiso, le spese e la tassazione azzerano i ricavi e spesso li superano.
Ma veramente credete che il susseguirsi di suicidi tra gli imprenditori "storici" sia imputabile alla sfortuna, ad un investimento sbagliato?
Chi afferma queste cose dimostra di non voler vedere oltre il proprio naso o orticello che sia.
In assenza di regolamentazioni, ognuno continuerà a fare quel che più gli conviene – è inevitabile, quasi giusto – ma così, il libero mercato, da sogno di libertà ed equità diverrà incubo e tomba dell'economia nazionale.
Tanto che le "casalinghe di Voghera" non comprano più italiano, ma quel che è venduto al prezzo più basso.

Ciò, tra l'altro, comporta una emorragia di capitali liquidi verso altri Paesi, sotto varie forme – basti pensare anche all'enorme numero di badanti straniere che trasferiscono valuta ogni mese – oltre a quelli che già fuoriescono più o meno dichiarati con il commercio online.
Venti anni fa scrissi un articolo in proposito proprio per non demonizzare l'ancora quasi sconosciuto e nascente commercio elettronico, ma se questo funziona a senso unico, l'andamento (il trend) non potrà che siglarne una brutta fine.
Non vedo preparazione al governo, né all'istruzione, alla ricerca, all'innovazione, né tra i vecchi, né tra i nuovi, che lasci sperare misure adeguate, le frontiere colabrodo per gli esseri umani sono ben poca cosa rispetto alle merci, ma non è affatto una questione svincolata.

In conclusione, penso che evidenziare un presunto "razzismo" generico degli italiani su basi che hanno riscontro soltanto nelle fredde statistiche a campione, non faccia altro che ottenere l'effetto contrario: chi non era "razzista", lo diventa.

Gli aguzzini bianchi nelle piantagioni di cotone negli "Stati del Sud" erano altra cosa, questa è sopravvivenza, non sfruttamento: è mors tua, vita mea.

Fatte salve le deprecabili speculazioni politiche – oculate o avventate che siano – le quali, comunque, hanno fatto in modo che "regioni rosse" diventassero, per protesta, "grilline" o "fasciste", altro termine utilizzato a sproposito, se non per la sua accezione nazionalista, forse patriottica che non sarebbe dispiaciuta neanche al Carlo Cattaneo del '48.

Sembra proprio che il pericolo vero venga sempre da nord, ma ci fanno credere che venga da sud?













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