Vedo curatori fallimentari che fanno splendide vacanze in giro per il mondo.
Evidentemente la "professione" rende, specialmente se a causare i fallimenti aziendali è lo Stato insolvente.
Lo stesso che gli fa pagare i compensi conteggiati nelle esorbitanti spese processuali civili.
Ius soli? Sovranismo monetario? Buste di plastica a pagamento?
Sicuri che siano gli unici problemi, ammesso e non concesso che più o meno lo siano?
Non ho visto (ma magari mi è sfuggita) una consistente proposta di riforma della Magistratura.
Lo Stato sostiene delle spese per i processi, spese che spesso vengono
rovesciate sugli attori ai quali – ove non in grado di pagare, la quasi
totalità dei casi – vengono pignorate anche le mutande sporche.
Se
queste spese fossero messe a bilancio preventivo per salvare realtà
d'impresa e, di conseguenza, posti di lavoro, non ci sarebbe bisogno di
spenderne altri per le procedure fallimentari: sarebbe un investimento,
nella maggior parte dei casi.
Veniamo al ruolo del Movimento 5 stelle in questa Legislatura.
Dal 2013 i parlamentari grillini "restituiscono" parte dello stipendio,
in realtà non lo vedono neanche transitare sul loro conto, e gli
istituti che "trattengono" giovano del plus valore sugli interessi di
valuta.
In teoria non ci sarebbe nulla di male, ma vediamo più in dettaglio.
I parlamentari "grillini" restituiscono metà dello stipendio (1700 euro
al mese circa) e la parte della diaria non rendicontata. Una parte
va al Fondo di ammortamento dei Titoli di Stato e il resto va al Fondo
per il famigerato Microcredito gestito dal MISE.
Tutto bellissimo?
Non proprio.
Il Fondo di ammortamento dei Titoli di Stato, un bel nome dato a un baraccone nato per compensare le mancate entrate all'erario generate per lo più dalle privatizzazioni selvagge dei primi anni '90 e giustificato come tentativo di riduzione del debito pubblico: lo Stato cedeva le sue partecipazioni e poi riacquistava sul mercato i titoli di debito (Btp, Bot, Cct) per tenere a bada la soglia del rapporto tra debito e Pil.
Tuttavia, ora, è praticamente in situazione fallimentare, ovvero si perpetua un accanimento terapeutico nei confronti di un malato terminale: gli afflussi più corposi registrati provengono da pignoramenti e svendite, ovvero l'esatto contrario dei motivi per i quali era stato istituito, una beffa: come si fa a tenere a bada il debito se il PIL precipita?
Il cane non si morde la coda: se l'è mangiata da un pezzo.
Insomma, un altro dei carrozzoni ereditati dal passaggio dalla prima alla seconda Repubblica sta morendo e ci si versano soldi che potrebbero essere utilizzati altrimenti.
E analizziamo il Microcredito.
Abbiamo già affrontato l'argomento in passato, ma ci torniamo volentieri.
Leggiamo dal sito fondidigaranzia.it
"… tali risorse non sono utilizzate per erogare direttamente i finanziamenti, ma per favorirne la concessione attraverso la garanzia pubblica.
Le caratteristiche delle operazioni di microcredito sono stabilite dal Testo Unico Bancario (TUB) e dal Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze n.176 del 17/10/2014".
Tradotto in parole comprensibili, non si tratta di soldi a "fondo perduto", per utilizzare un modo di dire fuorviante, ma si tratta di veri e propri rimborsi erogati alla banca che emette il prestito qualora il beneficiario sia o diventi insolvente, ma sempre previa analisi e approvazione.
Tutto giusto, per carità, in termini finanziari, ma la pubblicità che viene fatta all'operazione non dice affatto questo.
Si prefigura voto di scambio? Sembrerebbe di sì, il peggiore, quello ottenuto con l'inganno a danno di ingenui.
Inoltre i fondi affluiti al Microcredito, in media annua, sono "soltanto" 30 milioni di euro, 50 centesimi pro capite circa, una cifra irrisoria rispetto alla tassazione.
E ancora, di questi 30 milioni, il contributo da parte "grillina" è ancora più irrisorio: non si arriva al milione di euro/anno, facendo i conti della serva.
Una autoattribuzione indebita di paternità e gestione che aggrava l'accusa di voto di scambio.
Se il Microcredito è finalizzato al finanziamento di piccole e medie imprese, un'altra realtà da trattare con la dovuta cautela, è la Cassa Depositi e Prestiti, una S.p.a. (ebbene sì) che può contare su un capitale sociale interamente versato che ammonta a 4.051.143.264,00 e contempla tra i suoi azionisti il MEF e varie fondazioni bancarie (ved. allegato CDP).
Una "botte di ferro" anche contro l'Europa che però non è "contro" l'Europa, ma vedremo dopo il 4 marzo come reagiranno le agenzie di rating internazionali, quelle che determinano il successo e il fallimento delle società (e non soltanto) quotate in Borsa (ved. andamento in allegato).
Nel frattempo, quindi, non esagerate nel farvi prendere in giro.
Altre info su www.maquantospendi.it (fonte immagini)
http://www.fondidigaranzia.it/microcredito.html
https://www.cdp.it/Ch…/Dati-Societari/Azionisti/Azionisti.kl
3 commenti:
Perfetto. Degno del "Sole", se il "Sole" fosse un quotidiano economico serio, e non quel che è: una specie di "Bollettino del Commercialista"... Grande abbraccio. Carlo
Grazie, affermato da te è un gran complimento, anche se c'è commercialista e commercialista ;)
Certamente. Il problema non sono i commercialisti, degnissime persone, ma i "giornalisti" del "Sole", o comunque coloro che decidono la linea editoriale :-) Grande abbraccio!
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