Una pagina da un numero di Linea del 2006 |
Da quasi venti anni, dalle pagine di Linea, abbiamo sostenuto teorie che preannunciavano gli scenari economici caratterizzati dalla crisi di oggi.
Siamo stati i primi ad essere definiti complottisti, altri ci definivano jettatori, menagramo e così via.
Siamo stati i primi ad essere definiti complottisti, altri ci definivano jettatori, menagramo e così via.
Molti tra questi, però, adesso piangono investiti da quella crisi che solo pochi anni fa non interessava il loro settore.
Oggi sono costretti ad ammettere che quel che dicevamo aveva un fondamento.
La dismissione dei beni pubblici, la pressione fiscale, la mancanza di tutela per intere fasce produttive, l'accorciamento (o l'abolizione) della "manica" dell'indotto a favore di un deprezzamento di prodotti e servizi, talvolta integrati tra loro, ha totalmente stravolto regole di mercato i quali principi hanno funzionato per millenni.
Mi è capitato di parlare con dei commercianti (italiani) di periferia disgustati dalla politica e dai soprusi che subiscono.
Persone semplici che vivono del proprio lavoro, non "teste rasate" con svastiche tatuate, hanno proferito parole di odio verso i loro concorrenti extracomunitari da far impallidire il più convinto dei "razzisti".
Persone semplici che vivono del proprio lavoro, non "teste rasate" con svastiche tatuate, hanno proferito parole di odio verso i loro concorrenti extracomunitari da far impallidire il più convinto dei "razzisti".
Questi sono messaggi che la politica farebbe meglio ad accogliere e sui quali dovrebbe interrogarsi, ma non con risposte populiste (scusate il termine abusato), bensì con proposte degne, a partire da piani economico-sociali che contemplino un recupero della produttività.
Modernità è potersi curare con facilità, non accelerare i processi vitali.
Se la vita è più veloce, l'unica ad arrivare prima è la morte.
Nessun commento:
Posta un commento